1. La “fascistizzazione” dello sport
Con
la metà degli anni'20 il Fascismo iniziò ad interessarsi anche al
mondo dello sport e del calcio, nell'idea di modernizzarne le
strutture esistenti. La stessa F.I.G.C. più volte aveva lamentato lo
scarso interesse dello Stato nei confronti dello sport in generale e
del calcio in particolare, ma qualcosa proprio verso la metà del
decennio iniziò a mutare: la progressiva “fascistizzazione”
delle strutture sociali e statali ad opera del regime toccava anche
il mondo dello sport che intanto si andava legando a quello
dell'istruzione con la legge n. 2247 del 3 aprile 1926, legge che
istituiva l'Opera Nazionale Balilla per l'assistenza e l'educazione
fisica e morale della gioventù. Con detta legge e con i successivi
R.D. Del 20 novembre 1927 e del 12 settembre 1929 il regime “metteva
le mani” sull'insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole
attraverso un sistema di controllo nuovo rispetto alle esperienze
passate poiché anche se l'ONB agiva al di fuori della scuola, allo
stesso tempo essa era all'interno della scuola medesima poiché gli
insegnanti di ginnastica passavano direttamente alle sue dipendenze1.
Come appurato dalla storiografia, il Fascismo non si
interessò al fenomeno sportivo, e calcistico in particolare, per
mera passione, bensì per oggettive motivazioni di carattere politico
che spaziavano dalla politica interna alla politica estera.
Già
durante il Primo conflitto mondiale, su molti fronti gli ufficiali
dei vari eserciti ritenevano utile far disputare incontri di calcio,
rugby ed esercizi ginnici ai soldati al fine di temprarne e formarne
il carattere e il fisico, durante le lunghe giornate in trincea.
Mussolini – dal canto suo – pare aver assorbito e condiviso
questa visione, in quanto riteneva che la pratica sportiva fosse
necessario completamento della preparazione militare del “cittadino
soldato”: è la chiusura di un percorso iniziato nel negli anni'30 del XIX secolo quando
sotto il Re di Sardegna Carlo Alberto a Torino lo svizzero Rodolfo
Obermann aprì una prima scuola di educazione fisica per gli
artiglieri e proseguito quindi con l'introduzione da parte del
Ministero della Guerra dell'obbligatorietà della ginnastica
nell'addestramento militare2.
Lando
Ferretti, gerarca fascista e presidente del C.O.N.I. dal 1925 al
1928, spiega molto bene quale fu l'approccio del Fascismo allo sport
in un estratto dal fondamentale lavoro di Antonio Ghirelli “Storia
del calcio in Italia”:
“Politico
– e solo politico! - Mussolini vide, anche nello sport, e apprezzò
il lato politico. Per essere più precisi: la sua funzione
politico-sociale. All'inizio lo sport indubbiamente era, ed è,
nemico della lotta di classe, affratellatore e livellatore di gente
proveniente dai più diversi ceti, tutta fusa da una passione comune
e tesa verso la stessa meta. Inoltre costituisce, coi suoi
spettacoli, il diversivo migliore per la gioventù, altrimenti
convogliata verso attività di partiti politici.”3
Renato
Ricci, animatore dell'ONB spiegava cosa si dovesse intendere per
educazione fisica: “(...)
quel complesso di attività fisiche volontarie che sono in grado di
conservare e migliorare lo stato di salute e le forze fisiche e di
vivificare e disciplinare le qualità dello spirito.4”
Oltre
a questo, lo sport serviva al regime per raggiungere anche un altro
importante scopo, quello cioè di infondere negli italiani un marcato
sentimento di orgoglio nazionale. Per arrivare a ciò indispensabile
fu la figura dell'atleta che mietendo successi in campo
internazionale da un lato aumentava il senso di appartenenza delle
masse e dall'altro ingigantiva il prestigio internazionale di
Mussolini e del regime stesso. A tal proposito, interessante è
riportare qua, attraverso sempre il lavoro del Ghirelli, le parole
che Mussolini pronuncia in occasione del raduno del 28 ottobre 1934 a
Roma di tutti gli atleti italiani:
“Voi,
atleti di tutta Italia, avete dei particolari doveri. Voi dovete
essere tenaci, cavallereschi, ardimentosi. ricordatevi che quando
combattete oltre i confini, ai vostri muscoli e soprattutto al vostro
spirito è affidato in quel momento l'onore e il prestigio sportivo
della Nazione. Dovete quindi mettere tutta la vostra energia, tutta
la vostra volontà, per raggiungere il primato in tutti i cimenti
della terra, del mare e del cielo.”5
1Guido,
Pizzamiglio, L'evoluzione dell'educazione fisica e sportiva nella
scuola media italiana dalla riforma Gentile ai giorni nostri,
sta in Scritti di storia e legislazione scolastica,
Casanova, Parma, 1993
2Giacomo,
Zanibelli, La scuola al fronte: l'educazione fisica come
strumento di “vocazione” patriottica. Dalle sonnacchiose aule
dell'italietta alla trincea. Il caso senese,
sta in Lo sport alla Grande Guerra,
Quaderni della SISS, n.4 Serie Speciale, 2015
3
Antonio, Ghirelli, Storia del calcio in Italia,
Einaudi, Torino, 1967
4Guido,
Pizzamiglio, Op. cit.
5
Cfr. La Stampa del 29
ottobre 1934
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