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venerdì 7 ottobre 2016

LA CARTA DI VIAREGGIO DEL 1926

1. La “fascistizzazione” dello sport
Con la metà degli anni'20 il Fascismo iniziò ad interessarsi anche al mondo dello sport e del calcio, nell'idea di modernizzarne le strutture esistenti. La stessa F.I.G.C. più volte aveva lamentato lo scarso interesse dello Stato nei confronti dello sport in generale e del calcio in particolare, ma qualcosa proprio verso la metà del decennio iniziò a mutare: la progressiva “fascistizzazione” delle strutture sociali e statali ad opera del regime toccava anche il mondo dello sport che intanto si andava legando a quello dell'istruzione con la legge n. 2247 del 3 aprile 1926, legge che istituiva l'Opera Nazionale Balilla per l'assistenza e l'educazione fisica e morale della gioventù. Con detta legge e con i successivi R.D. Del 20 novembre 1927 e del 12 settembre 1929 il regime “metteva le mani” sull'insegnamento dell'educazione fisica nelle scuole attraverso un sistema di controllo nuovo rispetto alle esperienze passate poiché anche se l'ONB agiva al di fuori della scuola, allo stesso tempo essa era all'interno della scuola medesima poiché gli insegnanti di ginnastica passavano direttamente alle sue dipendenze1.
Come appurato dalla storiografia, il Fascismo non si interessò al fenomeno sportivo, e calcistico in particolare, per mera passione, bensì per oggettive motivazioni di carattere politico che spaziavano dalla politica interna alla politica estera.
Già durante il Primo conflitto mondiale, su molti fronti gli ufficiali dei vari eserciti ritenevano utile far disputare incontri di calcio, rugby ed esercizi ginnici ai soldati al fine di temprarne e formarne il carattere e il fisico, durante le lunghe giornate in trincea. Mussolini – dal canto suo – pare aver assorbito e condiviso questa visione, in quanto riteneva che la pratica sportiva fosse necessario completamento della preparazione militare del “cittadino soldato”: è la chiusura di un percorso iniziato nel negli anni'30 del XIX secolo quando sotto il Re di Sardegna Carlo Alberto a Torino lo svizzero Rodolfo Obermann aprì una prima scuola di educazione fisica per gli artiglieri e proseguito quindi con l'introduzione da parte del Ministero della Guerra dell'obbligatorietà della ginnastica nell'addestramento militare2.
Lando Ferretti, gerarca fascista e presidente del C.O.N.I. dal 1925 al 1928, spiega molto bene quale fu l'approccio del Fascismo allo sport in un estratto dal fondamentale lavoro di Antonio Ghirelli “Storia del calcio in Italia”:
Politico – e solo politico! - Mussolini vide, anche nello sport, e apprezzò il lato politico. Per essere più precisi: la sua funzione politico-sociale. All'inizio lo sport indubbiamente era, ed è, nemico della lotta di classe, affratellatore e livellatore di gente proveniente dai più diversi ceti, tutta fusa da una passione comune e tesa verso la stessa meta. Inoltre costituisce, coi suoi spettacoli, il diversivo migliore per la gioventù, altrimenti convogliata verso attività di partiti politici.”3
Renato Ricci, animatore dell'ONB spiegava cosa si dovesse intendere per educazione fisica: “(...) quel complesso di attività fisiche volontarie che sono in grado di conservare e migliorare lo stato di salute e le forze fisiche e di vivificare e disciplinare le qualità dello spirito.4
Oltre a questo, lo sport serviva al regime per raggiungere anche un altro importante scopo, quello cioè di infondere negli italiani un marcato sentimento di orgoglio nazionale. Per arrivare a ciò indispensabile fu la figura dell'atleta che mietendo successi in campo internazionale da un lato aumentava il senso di appartenenza delle masse e dall'altro ingigantiva il prestigio internazionale di Mussolini e del regime stesso. A tal proposito, interessante è riportare qua, attraverso sempre il lavoro del Ghirelli, le parole che Mussolini pronuncia in occasione del raduno del 28 ottobre 1934 a Roma di tutti gli atleti italiani:
Voi, atleti di tutta Italia, avete dei particolari doveri. Voi dovete essere tenaci, cavallereschi, ardimentosi. ricordatevi che quando combattete oltre i confini, ai vostri muscoli e soprattutto al vostro spirito è affidato in quel momento l'onore e il prestigio sportivo della Nazione. Dovete quindi mettere tutta la vostra energia, tutta la vostra volontà, per raggiungere il primato in tutti i cimenti della terra, del mare e del cielo.”5



1Guido, Pizzamiglio, L'evoluzione dell'educazione fisica e sportiva nella scuola media italiana dalla riforma Gentile ai giorni nostri, sta in Scritti di storia e legislazione scolastica, Casanova, Parma, 1993
2Giacomo, Zanibelli, La scuola al fronte: l'educazione fisica come strumento di “vocazione” patriottica. Dalle sonnacchiose aule dell'italietta alla trincea. Il caso senese, sta in Lo sport alla Grande Guerra, Quaderni della SISS, n.4 Serie Speciale, 2015
3 Antonio, Ghirelli, Storia del calcio in Italia, Einaudi, Torino, 1967
4Guido, Pizzamiglio, Op. cit.
5 Cfr. La Stampa del 29 ottobre 1934

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