mercoledì 28 maggio 2025

HEYSEL'85

 

«Di quel giorno ricordo soprattutto il pomeriggio.

Un pomeriggio di sole di tarda primavera trascorso a finire di preparare lo striscione, a posizionare in taverna le bandiere, i gagliardetti e la maglia. Sì, la maglia: uno dei regali più preziosi mai ricevuti. Regalo del Patte, la maglia come regalo per la Cresima. La maglia con il numero 10 sulle spalle, perché a dodici anni non c'è spazio per nessuno, perché non c'è ricordo che valga l'emozione di indossare il tuo eroe».

Alle ore 20.15 di mercoledì 29 maggio 1985 è fissato il calcio d'inizio della finale di Coppa dei Campioni 1984/85, di fronte i detentori del Liverpool – che l'anno prima avevano battuto in finale ai rigori la Roma – e la Juventus – che in gennaio aveva battuto proprio il Liverpool 2 a 0 nella finale di Supercoppa europea. Lo stadio scelto per la finale è il piccolo e ormai vetusto stadio Heysel, alla sua quarta finale di Coppa dei Campioni. Ai tifosi della Juventus, giunti in massa a Bruxelles, vengono assegnati i settori M, N, O in curva, mentre ai supporters del Liverpool i settori X e Y nella curva opposta, con il settore Z lasciato inspiegabilmente libero per l'acquisto in autonomia. E i biglietti di quel settore Z – separato dai settori riservati al tifo inglese solo da deboli reti metalliche – vengono acquistati in larghissima parte da famiglie italiane.

Circa un'ora prima della partita gli hooligans del Liverpool – irrobustiti da frange di headhunters del Chelsea – iniziano a premere contro le reti metalliche divisorie con il settore Z. Gli italiani stipati in quel settore cercano di riversarsi in campo, ma vengono fermati dai manganelli della polizia belga, che non comprende nulla di quanto sta accadendo – e peggio – di quello che da lì a poco accadrà.

Gli spettatori del settore Z sono pressati dalla violenza degli inglesi, ma non possono defluire in campo: unica via è quella di pigiarsi l'uno sull'altro in direzione opposta, contro il muro di cinta. È il momento più drammatico di una notte tragica: la pressione è talmente forte che il muro cede, facendo precipitare nel vuoto centinaia di persone. La scena, nella sua violenta drammaticità, è agghiacciante e il bilancio finale lo è – se possibile – ancora di più: 39 morti di cui 32 italiani, 4 belgi, 2 francesi e 1 irlandese, oltre a più di 600 feriti.

In maniera lenta, piano piano tutto lo stadio inizia a percepire l'orrore di quello che sta accadendo, in televisione la voce rotta dall'emozione di Bruno Pizzul prova a descrivere l'abisso nel quale tutti siamo stati inghiottiti. È allora che deflagra il caos. I tifosi juventini dall'altra parte dello stadio sfondano i cancelli e invadono il campo per cercare lo scontro fisico con gli inglesi, le voci dagli altoparlanti dei due capitani – Scirea e Neal – sono soltanto un pietoso sottofondo della violenza, alla quale, dopo ben oltre mezzora, si aggiunge anche un battaglione di polizia belga a cavallo.

La violenza è ovunque.

UEFA e forze dell'ordine prenderanno la decisione di giocare e alle 21.40 si giocherà.

 


«Di quel giorno ricordo soprattutto il pomeriggio.

Un pomeriggio di ansia e di agitazione, in fondo il ricordo di due anni prima – che a quell'età sembrano decenni, vero? - era ancora vivo, a graffiare la gioia dell'attesa. Ansia ed agitazione, certo, ma anche impazienza, ingoiando minuti, scalando i secondi che mancavano all'inizio, contando le pedalate sulla mia bicicletta vagabondando per le vie del quartiere in quel pomeriggio di quasi estate dei miei dodici anni».

Giocare fu un modo per prendere tempo? Serviva davvero a non aggravare ulteriormente il già gravissimo bilancio di sangue e morte?

Lo stadio era all'altezza dell'onda d'urto degli hooligans che in quegli anni spargevano terrore ovunque andassero? L'organizzazione e l'UEFA misero in atto tutte le misure idonee a garantire la salvaguardia degli spettatori? Perché gli inglesi entrarono allo stadio ubriachi ed armati con pistole, spranghe e coltelli? perché vennero venduti agli italiani i posti accanto agli inglesi? Il giro di campo finale dei calciatori della Juventus perché venne fatto?

La responsabilità penale fu riconosciuta non in via esclusiva agli hooligans inglesi. Al termine di un lungo iter processuale la Corte di Cassazione belga confermò infatti le condanne anche al Segretario della federcalcio belga dell'epoca, al responsabile del servizio d'ordine di quella notte e al Segretario dell'UEFA.

Le responsabilità di quella serata di follia e violenza erano lì, sono lì e lì saranno per sempre.



«Di quel giorno ricordo soprattutto il pomeriggio.

Di ritorno dal mio pellegrinaggio ciclistico, nell'edicola là in fondo alla via: l'edicolante mi aveva tenuto da parte il poster della squadra. Ricordo che quando mi vide passare mi fermò e me lo regalò: un altro emblema, un altro talismano da appendere in taverna, prima dell'inizio dell'evento dell'anno.

No, quella sera non sarebbe finita come due anni prima.

La sera del 29 maggio 1985 sarebbe stata la sera più bella della mia vita».

Negli anni sono nate varie pubblicazioni dedicate a questa immane tragedia, tragedia sì sportiva – calcistica – ma anche – e forse soprattutto – tragedia sociale, istituzionale e, dunque, politica. Pubblicazione imprescindibile se si vuole capire in profondità ciò che avvenne prima, durante e dopo quella notte profonda è il libro di Francesco Caremani Heysel. Le verità di una strage annunciata. (Bradipolibri Editore, 2003) uscito quest'anno in una nuova edizione. Caremani è stato il primo giornalista ad affrontare in maniera seria e puntigliosa l'argomento.

Altra pubblicazione degna di essere menzionata è il libro del vice direttore del L'Equipe Jean-Philippe Leclaire Le Heysel: Une tragédie européenne, dal quale è stata tratta anche una docu-serie che in maniera certosina e scrupolosa ricostruisce tutti gli aspetti che da quella notte si sono propagati sino alla sentenza definitiva.

Da segnalare, infine, per tenere vivo il ricordo e il monito:

Museo virtuale multimediale Sala della Memoria Heysel: https://www.saladellamemoriaheysel.it/Home_Page_Sala_della_Memoria_Heysel.html

Comitato Per non dimenticare Heysel di Reggio Emilia: https://www.facebook.com/groups/182994405053144/?locale=it_IT

 


«Di quel giorno ricordo soprattutto il pomeriggio.

Ceniamo presto in famiglia: c'è da vedere la partita, eccome!

È al telegiornale che un attonito Gianfranco De Laurentiis accenna ad un possibile slittamento dell'orario d'inizio della gara: pare vi siano alcuni scontri.

Le parole. Le immagini.

I minuti che non passano.

Le immagini.

Le immagini.

Tolgo i gagliardetti, le bandiere e la maglia.

Di quel giorno ricordo soprattutto il pomeriggio».





giovedì 15 maggio 2025

15 maggio 1910: la prima partita della Nazionale non è contro chi doveva essere

15 maggio 1910. La storica data dell'esordio della Nazionale italiana di calcio contro la Francia. Eppure i primi avversari non sarebbero dovuti essere i francesi, ma un segretario poco...zelante cambiò la storia e di conseguenza il nostro primo avversario.

Il football nel nostro Paese da circa una quindicina di anni muove i suoi sempre meno stentati passi e la Federazione finalmente riesce a concretizzare un'idea che nasce da lontano. Infatti già sul calare del XIX°secolo l'idea di “rappresentativa” cerca realizzazione, e nell'aprile del 1899 viene disputato a Torino un incontro tra una rappresentativa italiana e una svizzera. Ciò che quella squadra rappresentava – o voleva rappresentare - era il meglio del movimento calcistico italiano dell'epoca, senza distinzioni di nazionalità. Il criterio di selezione adottato era “residenziale”, cioè facevano parte di quella selezione i migliori calciatori che giocavano al momento in Italia: “Ier l'altro, al Velodromo Umberto I, davanti ad un pubblico discretamente numeroso, venne disputato il Gran Match fra una squadra di svizzeri e una di italiani composta dei migliori giucatori di Torino, Genova e Milano1.

Ciò non deve stupire più di tanto, in verità. Infatti al football dei pionieri era piuttosto sconosciuto il concetto di nazionale – tenuto conto del fatto che le squadre erano formate in larga parte da stranieri -, concetto invece ben radicato nel mondo ginnastico, ed è proprio da quest'ultimo che si andò diffondendo ed irrobustendo la pratica di confronti internazionali tra squadre assemblate attorno al sentimento di appartenenza nazionale, anche grazie a Luigi Bosisio, da un anno presidente della F.I.G.C., più incline di altri a dare un'impronta più nazionalistica al movimento calcistico.

Sulle pagine del settimanale Foot-Ball l'organo ufficiale della Federazione già dal gennaio del 1910 si inizia a parlare di questa nuova rappresentativa che – nelle originarie intenzioni – avrebbe dovuto sfidare nei giorni di Pasqua la nazionale ungherese2.

L'Austria-Ungheria – come sappiamo – è l'alleato, assieme alla Germania, dell'Italia nella Triplice Alleanza, normale quindi che anche il calcio cerchi sponda per un incontro internazionale nell'alleato politico. Vero è anche, d'altra parte, che i rapporti italo-austroungarici nel 1910 erano reduci da un periodo di forti turbolenze, dovute in special modo all'annessione austroungarica della Bosnia-Erzegovina. A fronte di quell'espansione dell'alleato, l'Italia, forte del dettato del trattato della Triplice, si era aspettata se non un riconoscimento territoriale, quantomeno la concessione dell'Università italiana a Trento. Al contrario era arrivata solo la rinuncia austroungarica al Sangiaccato di Novi Bazar, acuendo così ancor più le tensioni tra i due Paesi3. L'arrivo al Ministero degli Esteri italiano del marchese Di San Giuliano proprio nel 1910 contribuirà a rasserenare – almeno per poco – i rapporti tra Italia e Austria-Ungheria. Insomma, nel frammentato e turbolento scacchiere internazionale l'idea di una partita di calcio tra Italia e Ungheria non era affatto peregrina. Eppure sappiamo che la Nazionale italiana non farà il suo esordio giocando contro l'Ungheria: qui, infatti, si nasconde un primo”caso” diplomatico. Nelle intenzioni italiane vi era di giocare un primo incontro il giorno di Pasqua (27 marzo) a Budapest e un “retour-match” il giorno di Pentecoste (15 maggio) a Milano. La F.I.G.C. aveva inviato alla Federazione ungherese una lettera per avere i dettagli del match, ma non ricevendo risposta aveva poi inviato altri due telegrammi di sollecito prima di ricevere finalmente una risposta. Causa del ritardo nel riscontro il cambio di segretario nella Federazione ungherese: il predecessore – questa la scusa ufficiale dei magiari – avrebbe consegnato con colpevole ritardo la corrispondenza al nuovo segretario. A quel punto, però, era ormai troppo tardi per organizzare l'incontro di Pasqua e dunque gli ungheresi invitavano la nazionale italiana a giocare da loro per il 10 aprile, data, questa, che non andava bene agli italiani, i quali a loro volta, proponevano come data quella del 15 maggio, Pentecoste4. 15 maggio, dunque. E 15 maggio sarà, ma non con gli ungheresi, bensì con i francesi, come da deliberato della F.I.G.C. del 25 aprile, posticipando la gara con l'Ungheria al 29 maggio5.

Il 18 aprile del 1910 vengono rese note le convocazioni dei 28 giocatori tra i quali la Commissione dovrà selezionare quelli che andranno a comporre la squadra della selezione italiana6. Quando si parla di Commissione si intende un gruppo di cinque arbitri che vengono investiti dell'onore di selezionare l'undici destinato a passare alla storia. Sì: arbitri, che erano poi i dirigenti di cinque squadre milanesi: Umberto Meazza (U.S. Milanese), Gama (F.C. Internazionale), Recalcati (U.S. Milanese), Crivelli (F.C. Ausonia) e Campero (Milan Club). Per ciò che riguarda i metodi di selezione, poi, c'è da chiarire che la Commissione in una prima fase aveva selezionato 28 giocatori e poi da questo gruppo avrebbe scelto gli undici attraverso due partite di selezione. Niente allenamenti. Alla moda dell'epoca: si pensava, infatti, che i migliori giocatori non avessero bisogno di allenarsi per trovare affiatamento e coesione. Del gruppo inizialmente non facevano parte i giocatori del Torino poiché la stessa dirigenza granata aveva chiesto di non convocarli in quanto impegnati in una tournée in Svizzera. Sennonché, per le note vicende legate allo spareggio tra Pro Vercelli e Internazionale di alcuni giorni prima, squalificati i giocatori vercellesi la Commissione chiamò alcuni giocatori del Torino, ed ecco spiegato perchè nella prima Nazionale non trovò spazio nessun giocatore della Pro Vercelli7.


Così il 5 maggio le due selezioni si affrontano con queste formazioni:

Probabili: De Simoni; Varisco, Calì; Trerè, Fossati, Cappello; Bontadini, Rizzi, Cevenini, Boiocchi, Lana.

Possibili: Pennano; De Vecchi, Capra; Colombo, Goccione, Caimi; Borel, Zuffi, Fresia, Berardo, Debernardi.

Vince abbastanza nettamente la squadra dei Probabili per 4-1, mentre tre giorni più tardi, stando alle cronache dell’epoca, le due squadre si incontrano nuovamente, non più nelle stesse formazioni, ma con variazioni approntate dalla Commissione che, a detta dei cronisti, avrebbero provocato uno scadimento generale nella qualità del gioco. A questo punto la Commissione doveva scegliere. Da ciò che trapela e viene riportato dalla stampa dell'epoca, in particolare dal Corriere della Sera nessun dubbio attorno alla scelta di De Simoni, Varisco, Fossati, Cappello, Debernardi, Trerè e Lana. Discussioni accese invece per quel che riguarda la linea dei forwards, in particolare sulla scelta tra Boiocchi e Marassi, ma la vera battaglia pare si sia accesa sui nomi dei backs di sinistra: De Vecchi e Calì. Visto che non si riusciva a trovare un accordo, si decide di procedere con una votazione, dalla quale “prevale” Calì con 3 voti contro 28.

La Francia. Il primo avversario della Nazionale italiana, quindi, non è l'Ungheria bensì la Francia, nazionale che in marzo e aprile aveva giocato due incontri con i “maestri” inglesi e ne era uscita con le ossa piuttosto rotte, come peraltro sempre accaduto dal 1906, anno della prima sfida anglo-francese. Il 12 marzo a Ipswich aveva perso ben 20 a 0 con il capitano degli inglesi, Day, mattatore con la bellezza di 11 reti personali9! Il 16 marzo, nella – diciamo così – rivincita, la Francia aveva perso ancora, questa volta con “solo” 10 reti al passivo10.

Così il 15 maggio 1910, davanti ai quattromila spettatori dell'Arena Civica a Milano, l'Italia, in completo bianco, affronta la Francia con questa, storica, formazione:

De Simoni (U.S. Milanese); Varisco (U.S. Milanese), Calì (Andrea Doria - Capitano); Trerè (Ausonia), Fossati (F.C. Internazionale), Capello D. (F.C. Torino); Debernardi (F.C: Torino), Rizzi (Ausonia), Cevenini I (Milan Club), Lana (Milan Club), Boiocchi (U.S. Milanese)

L'Italia, come si vede e come si è detto, manca dei giocatori della Pro Vercelli, la Francia, che si presenta con la maglia a strisce bianco-azzurre e i paramani rossi, non ha nessun giocatore delle squadre più forti quali il Racing, lo Stade, l'A.S.F. E il Club Fraçais, in quanto dette società erano in netta contrapposizione con la Federazione francese. Da rilevare, peraltro, come ancora il concetto di “nazionale” fosse piuttosto relativo: vero che erano scomparsi gli stranieri, ma la selezione aveva riguardato soltanto poche squadre e comunque soltanto del nord: ancora ignorato del tutto era il calcio giocato non solo nel centro-sud ma anche nel nord-est della penisola. Il fatto è che le scelte furono il frutto di pesi e contrappesi dovuti alle pressioni delle società più influenti, ma nonostante ciò il debutto fu alquanto positivo – complice anche la scelta dell'avversario, come evidenziato non certamente invincibile11.

 

 

1Cfr. La Stampa del 2 maggio 1899. Incontro disputato a Torino il 30 aprile 1899 tra una rappresentativa italiana ed una svizzera, con la vittoria di quest'ultima per 2-0. La squadra italiana era composta da: Beaton (Torino), De Galleani (Genova), Dobbie (Torino, capitano), Bosio (Torino), Spensley (Genova), Pasteur (Genova), Leaver (Genova), Weber (Torino), Kilpin (Milano), Savage (Torino), Agar (Genova)

2Cfr. Foot-Ball del 13 gennaio 1910

3DUCE, ALESSANDRO, La crisi bosniaca del 1908, Ed. Giuffrè, Milano, 1977

4Cfr. Foot-Ball del 17 marzo 1910

5Cfr. Foot-Ball del 28 aprile 1910; Cfr. La Gazzetta dello Sport del 22 aprile 1910. In realtà la partita Ungheria-Italia verrà giocata il 26 maggio.

6Cfr. La Gazzetta dello Sport del 18 aprile 1910

7Cfr. La Gazzetta dello Sport del 2 maggio 1910

8ALESSANDRO, BASSI, Il football del pionieri, Bradipolibri Editore, 2012

9Cfr. Foot-Ball del 17 marzo 1910

10Cfr. La Gazzetta dello Sport del 22 aprile 1910

11http://storiedifootballperduto.blogspot.com/2018/07/il-calcio-tra-identita-nazionale-e.html

 

domenica 11 maggio 2025

📷 Album di football perduto

TORINO-INTERNAZIONALE, aprile 1915
 
 
 
Per la prima giornata del girone finale del nord del campionato 1914/15 i favoriti alla vittoria finale del Torino vengono fermati in casa sul 2 a 2 dall'Internazionale che riesce a rimontare il doppio svantaggio.
 
(Fotografia tratta da Lo Sport Illustrato)

 

giovedì 8 maggio 2025

8 maggio 1898: inizia il campionato di calcio in Italia

 

Quattro squadre partecipanti: Società Ginnastica Torino (maglia blu con striscia rossa orizzontale), Internazionale Torino (maglia a strisce verticali bianconere), Genoa Cricket and Athletic Club (maglia bianca) e Football Club Torinese (maglia a strisce verticali giallonere).
Sono le quattro squadre che in un'unica giornata l'8 maggio del 1898 si giocano la prima edizione del campionato di calcio italiano. In palio la Challenge Cup offerta dal Duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia, una magnifica “insalatiera” d'argento forgiata dall'orafo Domenico Cravero. Trofeo che ebbe una vita avventurosa, persa durante la guerra, ritrovata a Miami un paio di anni fa e riportata a Genova1.
Genoa 1898 - foto Il Secolo XIX
Ci volevano 25 centesimi quella mattina del 8 maggio per entrare al Velodromo Umberto I, a Torino, per assistere alle eliminatorie, che vedono il prevalere dell'Internazionale sul Football Club Torinese (2-1) e del Genoa sulla Ginnastica Torino (2-0)2.
È la prima finale del primo campionato di calcio italiano e se la giocano il Genoa e l'Internazionale di Torino. Sui giornali dell'epoca quell'8 maggio ha rilievo nazionale non tanto per quanto stava accadendo a Torino, bensì per le manifestazioni di protesta e gli scontri che paralizzano Milano e successivamente altre città, proteste nate contro l'aumento del prezzo del pane e di altri generi di prima necessità. Il 7 maggio con Regio Decreto era stato proclamato lo stato d'assedio in tutta la provincia di Milano ed era stato nominato commissario straordinario il generale Bava Beccaris, comandante del 3° Corpo d'Armata3.

Le cose in città ben presto precipitano tanto che Bava Beccaris non ci pensa due volte a dare l'ordine di sparare ai manifestanti ristabilendo alla fine ad un prezzo altissimo l'ordine4. Mentre a Milano quasi 130 persone che chiedevano lavoro ed un abbassamento del prezzo del pane muoiono sotto le cannonate dell'esercito, a Torino un centinaio di spettatori assiste al battesimo ufficiale del campionato italiano di football, potendo profeticamente dire: “io ci sono”. Con tutta probabilità, però, nessuno lo disse a nessuno, perchè quando è l'inizio di qualcosa non lo si sa mai. Lo si fa e basta. 
Porta Ticinese, Milano - Foto La Cultura Moderna
 
A vincere è il Genoa che batte in finale l'Internazionale per 2-1: nel primo tempo passa in vantaggio la squadra genovese, nel secondo tempo pareggia quella torinese. La partita prosegue tirata sino al fischio dell'arbitro. Una breve sosta e poi via, ancora in campo per decidere chi avrebbe vinto. Nel primo dei due tempi supplementari, Leaver segna la rete decisiva per i genovesi.
Così La Gazzetta dello Sport nell'edizione del 13 maggio racconta ai propri lettori quella giornata:
(...) Viva ed accanita fu la lotta da ambo le parti. Dopo due ore di giuoco le due Società si trovavano ad avere «un punto pari», così che si dovette prolungare la partita per altri venti minuti. I genovesi, quantunque si trovassero con un bravo giuocatore fuori combattimento in causa d'una caduta, riuscirono a vincere un altro punto conquistando la coppa di campionato italiano. L'onore dell'ultimo punto spetta al socio Leaver.”5
Leaver è l'unico marcatore del quale siamo certi, l'unico del quale si è tramandata memoria. La formazione della squadra campione è stata anch'essa oggetto di approfonditi studi da parte dei maggiori studiosi e ricercatori di storia del calcio: Baird; De Galleani, Spensley; Ghiglione, Pasteur I, Ghigliotti; Leaver, Bocciardo, Dapples, Bertollo, Le Pelley.


1 Cfr. Il Secolo XIX del 28 febbraio 2018
2 AA.VV. L'età dei pionieri, Fondazione Genoa 1893, Genova, 2008
3 DDI, Serie III, vol. II, n. 436
4 Cfr. La Stampa del 11 maggio 1898
5 Cfr. La Gazzetta dello Sport del 13 maggio 1898