IL “CASO ROSETTA”
Nel
1920, finita la guerra e ripreso il campionato, il problema del
“professionismo mascherato” si ripresentò, più attuale che mai
con i casi dei vercellesi Barberis e Parodi: è ancora il Guerin
Sportivo
a soffiare sul fuoco con la pubblicazione nel novembre del 1920 della
testimonianza del calciatore Degara, passato al Novara dalla Pro
Vercelli senza il nulla-osta di quest'ultima. In buona sostanza il
Degara dichiarò che il presidente della Pro Vercelli avrebbe
promesso di acquistargli una camera nuziale come già aveva fatto con
un altro giocatore, Giuseppe Parodi. La Pro Vercelli ammise il fatto,
cioè che “a
Parodi in occasione del suo matrimonio abbiamo regalato una camera
nuziale,non troppo bella in verità, ma decorosa, e tale che dicesse
all'ottimo amico la riconoscenza del club”.
Peccato però che Parodi ebbe il “regalo” quando ancora era un
giocatore del Casale, poco tempo prima di “trasferirsi” –
guarda la combinazione – proprio a Vercelli.
Passano pochi anni e altro veleno viene versato nel
mondo del calcio italiano che intanto si lega sempre più al mondo
industriale.
Nel 1923 fecero scalpore i casi dei due giocatori della
Pro Vercelli Gustavo Gay e Virginio Rosetta. Erano, quelli, anni di
dilettantismo di mera facciata, tutti o quasi tutti i calciatori per
giocare percepivano denaro o “benefit” e alcune società storiche
di provincia iniziavano a faticare a far fronte a tali richieste. Una
di queste era la Pro Vercelli che nel 1923 invitò neanche troppo
velatamente i giocatori che non volevano giocare gratuitamente ad
andarsene. Gay e Rosetta inviarono una lettera di dimissioni che
venne formalmente accettata il 4 settembre. Tutto tranquillo? Manco
per idea perché mentre Rosetta rimane fermo, Gay – forte già di
un accordo con il Milan – chiede e ottiene di essere inserito nella
lista di trasferimento, anche se servirebbe l'attestazione della
residenza a Milano. Il comune di Vercelli certifica che il Gay
risiede in detto comune, ma la Lega Nord – presieduta dal milanese
Baruffini – per aggirare l'ostacolo si avvale di un certificato di
una ditta, la Richard Ginori, che dichiara che già da due anni il
Gay risulta alle proprie dipendenze. Parallelamente si sparge la voce
per la quale la Juventus avrebbe presentato una ricca offerta a
Rosetta, anche se per ufficializzare il tutto starebbe attendendo che
la Lega dia il benestare al trasferimento di Gay. Il 24 ottobre 1923
tale benestare viene ufficializzato provocando le furibonde reazioni
dei tifosi della Pro Vercelli. Non solo: anche le vibranti proteste
del presidente federale – nonché presidente della Pro – Bozino,
che alla fine si dimette dalla carica di presidente della F.I.G.C.
A
quel punto Rosetta chiede di essere inserito nella lista di
trasferimento ma la Lega – differentemente da quanto fatto con Gay
– rimanda la decisione; per ritorsione Rosetta spiega ricorso al
Consiglio Federale il quale, il 24 novembre, gli dà ragione. La
confusione ora è totale: a quel punto la diatriba è tra enti
ufficiali, tra la Lega e la Federazione. La Juventus inizia a
schierare Rosetta nelle successive partite e la Lega dichiara tali
partite perse a tavolino provocando così il ricorso della soceità
bianconera al Consiglio Federale che le dà ancora ragione. A quel
punto anche il presidente della Lega, dopo aver rassegnato le proprie
dimissioni, respinte dal Consiglio di Lega, indice un'assemblea
straordinaria per il 6 gennaio, ma la Federazione gioca d'anticipo e
il 30 dicembre dichiara decaduto tutto il consiglio direttivo della
Lega, nomina Giovanni Mauro commissario straordinario, annulla la
convocazione del 6 gennaio e convoca un'assemblea plenaria per il 9
febbraio. A questo punto interviene il C.O.N.I che delibera di
invitare la Presidenza Federale a “considerare
il Consiglio della Lega Nord legalmente in carica fino al giorno
della suddetta Assemblea e il Consiglio della Lega Nord e i Comitati
Regionali dipendenti a rimanere disciplinati al loro posto”
A
Torino, il 9 febbraio, il Consiglio Federale viene sfiduciato ed è
costretto a rassegnare le dimissioni e al suo posto viene nominato un
Direttorio composto da sette membri con il compito di governare la
Federazione sino alla prossima Assemblea straordinaria, fissata per
il 28 e 29 giugno. E' il Direttorio a dirimere definitivamente la
controversia sul “caso Rosetta”. Il quotidiano La
Stampa
nel numero del 18 febbraio così riporta la notizia:
“(...)
In conformità del deliberato dell'assemblea il direttorio considera
come non emessa la tessera a favore del giuocatore Rosetta. Detto
giuocatore viene quindi assegnato alla Pro Vercelli finchè questa
non lo metterà in regolare lista di trasferimento, detto giuocatore
non potrà partecipare per l'anno in corso a gare di campionato”.
Ormai la vicenda stava arrivando al suo epilogo.
Venivano confermate le sconfitte a tavolino per la Juventus della
prime tre partite giocate con Rosetta in campo, mentre le altre
venivano comunque omologate; Rosetta e Gay non avrebbero più giocato
per l'intero campionato.
Ovviamente
siamo in Italia e il finale non può che essere una farsa. Il
Direttorio, nella stessa riunione, nomina Vittorio Pozzo commissario
unico della nazionale che parteciperà alle prossime Olimpiadi e
Pozzo vuole a tutti i costi Rosetta a disposizione, senonché il
giocatore, non certo felice per come sono andate le cose, oppone un
fermo rifiuto alla convocazione. In questo è spalleggiato dal suo
datore di lavoro che, ça
va san dir,
è un consigliere della Juventus che gli nega il permesso. A questo
punto – tenendo ben presente che il Direttorio ha appena statuito
che Rosetta è ancora
della Pro Vercelli – il C.O.N.I chiede formalmente alla Juventus di
“adoperarsi
per ottenere il necessario benestare per Rosetta da parte della ditta
per la quale lavora”.
Insomma, la Juventus deve mettere a disposizione della nazionale un
giocatore... di un'altra squadra!
Comunque fossero andate le cose, erano ormai maturi i
tempi per una serie riflessione sullo status dei calciatori: la
metropoli assorbiva un numero sempre maggiore di giovani talenti alla
provincia provocando, di riflesso, il declino di questa. La stessa
F.I.F.A, pur continuando a proclamare il principio del dilettantismo,
lasciava ampio margine alle singole federazioni di regolamentare lo
status dei propri calciatori, prevedendo la possibilità di
compensare i giocatori per il mancato guadagno causato dall'attività
calcistica. Nel frattempo, nell'estate del 1924 in Italia veniva
abolito il vincolo di residenza: sembra niente, ma è un'apertura
decisiva al professionismo.
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