Legò indissolubilmente
il suo nome a quello della Nazionale perchè lui fu il capitano del
primo storico incontro che l'Italia giocò contro la Francia nel
maggio del 1910, a Milano.
Calì, però, fu molto
altro per il calcio pionieristico nostrano.
Nato in un paesino in
provincia di Catania, a seguito di problemi economici della ditta del
padre con la famiglia si trasferì a Zurigo e lì iniziò a giocare
al pallone in una squadra locale mettendosi ben presto in luce come
promettente attaccante e meritando il trasferimento all'Urania di
Ginevra.
Di quegli anni Ossola e
Tavella nel loro Cento anni di calcio italiano
riportano una testimonianza di Vittorio Pozzo che incontrò Calì da
avversario durante i suoi studi a Zurigo: “Ci andammo
addosso l'uno l'altro piuttosto malamente. Rimasti ambedue a terra e
sentita una mia parola di scusa in tedesco, giacché lo ritenevo
tale, mi rispose, ridendo, in pieno e schietto genovese: 'Con me puoi
parlare italiano, io sono de Zena'”
Ormai era di nuovo tempo
di fare i bagagli e rientrare in Italia, a Genova, dove il padre
riprese i suoi commerci in vino. Il giovane Calì giocò per un anno
nel Genoa, giusto in tempo per perdere la finale del campionato del
1901 e quindi si trasferì nella Società ginnastica Andrea Doria e
con la sua passione riuscì ad aprire la sezione calcio ed ad
organizzare – come giocatore, allenatore e capitano – la squadra
di calcio dell'Andrea Doria, con la quale già nel 1902 vinse a pari
merito con il Milan il titolo di campione d'Italia nel torneo
calcistico indetto dalla Federazione Ginnastica.
Da quel momento il nome
di Calì fu per sempre legato a quello dell'Andrea Doria, con la
quale giocò per dieci anni, sino al 1911. Lui stesso, in
un'intervista rilasciata al giornale Genova Sport
nel 1932 ricorda la vittoria che con l'Andrea Doria raccolse ai danni
della Juventus in occasione della festa patronale di San Secondo ad
Asti nel 1902. Al mattino si giocarono le semifinali e al pomeriggio
la finale che si protrasse sino a dopo il tramonto senza che nessuna
fosse riuscita a segnare. Allora la vittoria fu decisa dall'arbitro a
testa o croce e a vincere furono i genovesi: al cronista al quale
Calì raccontò questo episodio commentò con un eloquente “Quelli
sì ch'erano tempi!”. Tempi
eroici, dove ancora il campionato non era il torneo più importante,
anzi, non lo era affatto. Ben più seguito ed ambito era un altro
trofeo, la Palla Dapples
che Calì e compagni riuscirono a strappare al Genoa nel dicembre del
1904, quando, sul campo di Ponte Carrega, l'Andrea Doria vinse 2-0.
Sicuramente,
però, il momento più alto nella carriera di Calì fu, come detto
all'inizio, l'aver partecipato al primo incontro della Nazionale
italiana, facendolo – per giunta – come capitano. Solo due le sue
presenze in Nazionale, ma sempre come capitano: a Milano contro la
Francia e a Budapest contro l'Ungheria.
Appese
le scarpette al chiodo, continuò come arbitro e come allenatore,
presenziando in numerose Commissioni Tecniche che in vari momenti,
tra il 1912 e il 1920, guidarono la Nazionale.
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