martedì 29 dicembre 2015

COPPA FEDERALE 1916

5. Seconda giornata
Sulle alture ad ovest di Gorizia, nelle prime ore del mattino del 23, il nemico tentò di attaccare le nostre postazioni di fronte al Grafenberg. Coll'intervento delle artiglierie e col pronto accorrere dei rincalzi, l'attacco fu respinto.
Sul Carso, all'ala destra delle nostre postazioni, dopo vivo fuoco di fucileria, getto di bombe e lancio di razzi luminosi, nuclei nemici avanzarono contro i nostri trinceramenti ad est di Stelz. Fatti segno a tiri aggiustati, ripiegarono disordinatamente.”
Così Cadorna firmava il bollettino numero 212 del Comando Supremo della vigilia di Natale del 1915, il primo Natale di guerra per gli italiani, i quali, forse rinfrancati o forse no da queste parole, trascorsero il giorno di Santo Stefano seguendo le vicende della seconda giornata della Coppa Federale. 
Una specie di Boxing day nostrano, per così dire.
A Torino fece il suo debutto nella manifestazione la giovane squadra dell'U.S. Torinese contro i padroni di casa del Torino, questi ultimi chiamati al riscatto dopo la sconfitta all'esordio subita contro la Juventus. La partita fu interessante e combattuta, anche se i più forti ed esperti giocatori granata regolarono sin da subito i conti con gli avversari segnando due reti nel primo tempo. Nella ripresa, che vide il Torino giocare per quasi tutto il tempo in inferiorità numerica a causa dell'infortunio patito da Morando II, l'Unione cercò di agguantare gli avversari portando diversi attacchi alla difesa granata la quale, però, resistette senza eccessivi affanni, mantenendo così il risultato sul 2-0 sino alla fine dell'incontro.
Detto del vivace pareggio (1-1) a Valenza tra la locale squadra e l'U.S. Vercellese, partita che segnò il debutto del gruppo 3, a Modena i gialloblu confermarono di essere una delle migliori squadre del torneo vincendo, secondo pronostico, la seconda partita del proprio girone con un perentorio 4-0 ai danni dei concittadini dell'Audax.
Tutto sin troppo facile per il Genoa nella partita giocata contro il Savona. Anche i rossoblu, come il Torino, dovevano riscattare il passo falso della prima giornata e vi riuscirono in maniera assoluta e roboante, seppellendo il malcapitato Savona sotto una valanga di tredici reti, senza subirne alcuna.
Sul campo del Velodromo, il Milan, pur senza due giocatori importanti come Van Hege e Barbieri, vinceva la sua seconda partita regolando senza problemi l'U.S. Milanese per 2-0, segnando con Ferrario su rigore e con Cevenini I.
Dopo due giornate, pertanto, la situazione era la seguente:

MILAN-U.S. MILANESE 2-0
TORINO-U.S. TORINESE 2-0
VALENZA-U.S. VERCELLESE 1-1
MODENA-AUDAX 4-0
GENOA-SAVONA 13-0

GRUPPO 1
GRUPPO 2
GRUPPO 3
GRUPPO 4
GRUPPO 5
4 MILAN
2 JUVENTUS
1 VALENZA
4 MODENA
2 ANDREA DORIA
0 INTERNAZIONALE
2 TORINO
1 U.S. VERCELLESE
0 BOLOGNA
2 GENOA
0 U.S. MILANESE
0 U.S. TORINESE
0 CASALE
0 AUDAX MODENA
0 SAVONA



lunedì 21 dicembre 2015

COPPA FEDERALE 1916

4. Prima giornata
 
Acqua, fango, vento: ecco, in sintesi, la cornice nella quale il lettore può inquadrare i primi quattro matches – il quinto, quello di Casale, ha dovuto essere del tutto rinviato a causa dell'inclemenza del tempo e della impraticabilità del campo – della Coppa Federale, la maggior competizione calcistica dell'annata.1
Così Il Football nell'edizione del 23 dicembre iniziava a raccontare la prima giornata della Coppa, disputata il 19 dicembre 1915. Ancor prima di iniziare, si segnalava da subito una defezione, infatti la Cremonese domandò ed ottenne di non partecipare alla Coppa e così al suo posto nel girone emiliano con Modena e Bologna venne inserita l'Audax di Modena. Nonostante ciò si era pronti a partire e così avvenne domenica 19 dicembre.
Alla prima giornata in tutti i campi, nonostante il tempo inclemente e – non bisogna dimenticarlo – si fosse in tempo di guerra, il pubblico fu numeroso ed appassionato.
A Milano il Milan vinse nettamente (3-0) contro l'Internazionale, nonostante i rossoneri si fossero presentati con ben quattro giocatori della seconda squadra e i nerazzurri si fossero rinforzati con Lazzoli e Carcano, due giocatori dell'Alessandria. Partita subito forte, bene presto l'Internazionale dovette subire gli attacchi del Milan che chiuse il primo tempo in vantaggio grazie alla doppietta di Cevenini I; Avanzini, nella ripresa, inchiodò il risultato sul 3-0 finale.
A Genova, dove si giocò su un campo molto pesante e fangoso tra due squadre che si presentarono incomplete nei loro ranghi poiché molti dei loro giocatori erano già partiti per il fronte si registrò la sorpresa della giornata. La vittoria, infatti, andò all'Andrea Doria che sconfisse la ben più blasonata squadra del Genoa per 3-2.
A Torino Juventus e Torino diedero vita ad una partita molto accesa, seppur il terreno si presentasse in pessime condizioni. Dopo un solo minuto il Torino segnò con Gaja ma verso la metà del primo tempo la Juventus riuscì a pareggiare; i granata non si diedero per vinti e si portarono nuovamente in vantaggio per poi venire ripresi prima dell'intervallo. Si andò quindi al riposo sul punteggio di 2-2. Nella ripresa il Torino partì all'arrembaggio e pressò l'avversario senza peraltro riuscire a segnare, cosa che invece riuscì ai bianconeri per due volte, sempre con Pavan. Sul finale il Torino fallì un calcio di rigore, così l'incontro terminò sul punteggio di 4-2 per la Juventus2.
A Bologna c'era grande curiosità per vedere all'opera lo squadrone del Modena, che presentava nelle proprie fila giocatori del calibro di Fresia, Vigevani, Forlivesi e i campioni che avevano fatto grande la Pro Vercelli Ara e Rampini. Sul campo dello Sterlino ridotto ad un pantano, sotto una pioggia battente e davanti ad un folto pubblico il Modena non deluse le attese e fece proprio il risultato vincendo 2-0, ma ciò che mancò fu lo spettacolo: i gialloblu dominarono l'incontro ma complice le avverse condizioni meteorologiche mancarono sotto l'aspetto della prestazione3.
Questa, dunque, la situazione al termine della prima giornata:

MILAN-INTERNAZIONALE 0-3
JUVENTUS-TORINO 4-2
CASALE-VALENZA RINVIATA
BOLOGNA-MODENA 0-2
ANDREA DORIA-GENIA 3-2
GRUPPO 1 GRUPPO 2 GRUPPO 3 GRUPPO 4 GRUPPO 5
2 MILAN 2 JUVENTUS CASALE 2 MODENA 2 ANDREA DORIA
0 INTERNAZIONALE 0 TORINO VALENZA 0 BOLOGNA 0 GENOA
0 U.S. MILANESE 0 U.S. TORINESE U.S. VERCELLESE 0 AUDAX 0 SAVONA

1Cfr. Il Football del 23 dicembre 1915 n.86
2Cfr. La Stampa del 20 dicembre 1915
3Cfr. Il Resto del Carlino del 20 dicembre 1915

martedì 15 dicembre 2015

SPORT E GRANDE GUERRA

Le due immagini raccontano di una partita di football tra bersaglieri giocata nei primi giorni di autunno del 1915 con lo scenario mozzafiato del Monte Nero, montagna appaena conquistata dall'esercito italiano.

lunedì 7 dicembre 2015

COPPA FEDERALE 1916

3.La Coppa Federale 

 
Le squadre maggiori, quelle con il bacino d'utenza più cospicuo e con il numero di giocatori più elevato, spingevano affinché si giocasse comunque il campionato, pur avendo numerosi giocatori arruolati negli eserciti, ma, come abbiamo visto, la Federazione non avendo ancora portato a termine il precedente non poteva certo organizzarne uno nuovo. Si sentiva forte l'esigenza di dare alla popolazione una distrazione dalle angosciose notizie che provenivano dal fronte e il calcio era ormai entrato nelle abitudini di tanti sportivi: di calcio si parlava, si leggeva, si discuteva e ci si accapigliava. Alcune società, come abbiamo visto, avevano organizzato incontri e tornei ma si avvertiva l'esigenza di avere un torneo di respiro nazionale, che mettesse in palio qualcosa di importante.
Si decise quindi di organizzare una Coppa senza alcun titolo di campione d'Italia in palio, decisione che deluse le squadre minori ma che accontentò le società maggiori che videro raggiunto il loro scopo di dare ai propri sostenitori uno svago, una distrazione dalla drammatica realtà quotidiana.
Discutibile fu la decisione della Federazione di escludere dal torneo le società del centro-sud, poiché si riteneva che la limitazione dei trasporti civile a vantaggio di quelli militari avrebbe potuto creare problemi negli spostamenti di dette società, le quali manifestarono tutto il loro disappunto sulle colonne de La Gazzetta dello Sport. Data, inoltre, la pericolosa collocazione geografica, a ridosso delle zone di guerra, venne deciso di non far partecipare le squadre del Veneto1.
Alla fine si iscrissero solo 15 squadre e fece scalpore la decisione della Pro Vercelli di non partecipare alla competizione; per ciò che concerne la formula, la Coppa venne giocata sul modello del campionato, quindi su base regionale con cinque raggruppamenti, i vincitori dei quali si sarebbero poi incontrati nel girone finale.
GRUPPO 1 GRUPPO 2 GRUPPO 3 GRUPPO 4 GRUPPO 5
MILAN CLUB JUVENTUS CASALE BOLOGNA ANDREA DORIA
INTERNAZIONALE TORINO VALENZA MODENA GENOA F.C.
U.S. MILANESE U.S. TORINESE U.S. VERCELLESE U.S. CREMONESE SAVONA



1GIORGIO, SECCIA, “Il calcio durante la Grande Guerra”, in “Lo sport alla Grande Guerra” - Quaderni della Società Italiana di Storia dello Sport n.4, marzo 2015

martedì 1 dicembre 2015

COPPA FEDERALE 1916

2. La Coppa della Gazzetta dello Sport

Mentre la F.I.G.C. iniziava a ragionare sul da farsi, immobile tra un campionato sospeso in maggio e mai portato a termine da un lato e dall'altro dalle sempre più insistenti richieste di calcio sia degli sportivi sia delle società stesse, con i primi giorni di autunno vennero organizzate alcune partite amichevoli di beneficenza in molte città d'Italia. A Milano, La Gazzetta dello Sport decse di darsi da fare e organizzò un torneo destinato alle squadre della Lombardia al quale parteciparono il Milan, l'Unione Sportiva Milanese, l'Internazionale e il Nazionale Lombardia. Le prime tre iscritte d'ufficio, mentre il Nazionale Lombardia ottenne il diritto di partecipare al torneo dopo aver vinto il girone di qualificazione tra le squadre juniores1. Un torneo che si presentava importante, dunque, poiché ben due delle partecipanti avevano giocato il girone finale del campionato appena (non) concluso.
La prima giornata si giocò domenica 3 ottobre e vide le nette affermazioni dell'Internazionale per 3-1 sull'Unione Sportiva Milanese e del Milan che vinse molto agevolmente sul terreno del Nazionale Lombardia per 5-0. Già dalla prima giornata, quindi, si notava la netta differenza di valori tra le due squadre finaliste del campionato e le altre due, tanto che questo divario si mantenne per tutto il torneo, sino all'ultimo incontro, quello decisivo, che vide di fronte, per la conquista della Coppa, il Milan e l'Internazionale.
L'incontro si giocò il 28 novembre, anche se già il 7 le due squadre erano scese in campo ma dopo il primo tempo, sul punteggio di 1-1, l'arbitro dovette sospendere la partita per la fitta nebbia e quindi tutto venne rinviato a fine mese, quando le due squadre erano appaiate in testa alla classifica. Fu di nuovo pareggio, ancora 1-1 e quel risultato certificò la vittoria della coppa da parte del Milan: questa la classifica finale
11 MILAN
9 INTERNAZIONALE
2 U.S. MILANESE
0 NAZIONALE LOMBARDIA




1Cfr. Lo Sport Illustrato e la guerra n.18 del 15 ottobre 1915

martedì 24 novembre 2015

COPPA FEDERALE 1916

1. Calcio in guerra, campionato “in ghiaccio”

Il calcio italiano nell'autunno del 1915 era ancora fermo a domenica 23 maggio, quando il campionato venne sospeso a seguito della mobilitazione generale e alla successiva dichiarazione di guerra all'Austria-Ungheria.
Per tutta estate la guerra aveva provocato morte e distruzione e con l'approssimarsi dell'autunno del '15 era diventato chiaro ai più che sarebbe stata una guerra lunga, logorante e tragica; però il conflitto bellico nella società civile nell'autunno del 1915 non era ancora sentito come una tragedia incombente, piuttosto come un affare dei militari e, comunque, molto distante – ad eccezione delle terre martoriate del Nord-Est. Vero che tutti i quotidiani nazionali ogni giorno pubblicavano fotografie di soldati e notizie provenienti dal fronte e che anche i giornali sportivi dedicavano ampio spazio alla guerra, ma ancora il conflitto era lontano dai grandi centri italiani. Pertanto non pare particolarmente strano che la richiesta di attività sportiva fosse viva nella cittadinanza e che, nello specifico, la Federazione cercasse di dare una risposta a questa esigenza organizzando partite di calcio. Già con la metà di settembre, infatti, in molte città del nord si riprese a giocare a football, spesso organizzando amichevoli benefiche, ma rimaneva senza risposta una domanda che aleggiava da mesi: cosa fare con il campionato?
Interessante la riunione di domenica 26 settembre quando la Commissione Tecnica della F.I.G.C. a Torino, dopo aver reso omaggio ai “footballers caduti per la Patria ed augurato pronta guarigione ai feriti”1, deliberò che si sarebbero senz'altro dovuti disputare i campionati di Terza categoria, i quali non vennero mai annullati: come bene riportato in Storia sociale del calcio in Italia, furono numerosissimi i piccoli club che dal nord al sud dell'Italia mantennero vivo il gioco del calcio negli anni bui della guerra2. Inoltre la Commissione proponeva alla Presidenza federale la disputa di una speciale “Coppa del Re” alla quale avrebbero potuto partecipare anche le squadre delle regioni più esposte alla guerra, specificando, poi, che se per motivi di opportunità la stessa Presidenza avesse ritenuto non possibile organizzare detta manifestazione, allora si riteneva necessario procedere all'organizzazione di una “Coppa Federale”: l'idea del torneo che andremo a raccontare nei prossimi capitoli stava prendendo dunque forma, anche se le polemiche erano dietro l'angolo.


1Cfr. La Stampa del 27 settembre 1915
2ANTONIO, PAPA – GUIDO, PANICO, "Storia sociale del calcio in Italia", Pag.105 Ed. Il Mulino, Bologna 2002

martedì 10 novembre 2015

La Biblioteca del football perduto

IL ROMANZO DI JULIO LIBONATTI - Di Alberto Facchinetti
(Edizioni inContropiede)

Il Romanzo di Julio Libonatti” è l’unica biografia al mondo dedicata al calciatore sudamericano, che primo in assoluto si trasferì a giocare in un club europeo.
È un libro sul fuoriclasse argentino che in Italia giocò nel Torino (è il secondo miglior marcatore della storia granata) e nella Nazionale. Ma non è solo questo: è anche il romanzo sui Campagnolo, una famiglia argentina di origine veneta.
Luis Antonio è un giornalista che nel 1990 viene inviato in Italia a seguire il Mondiale, e decide di portare con sé il figlio quattordicenne Jorge Alberto. Qui incontreranno uno strambo ma generoso giornalista italiano che conosce molto bene la storia del Toro e del campione argentino. Libonatti diventerà da qual momento una specie di ossessione per Campagnolo padre e figlio. E così Jorge completerà, dopo viaggi e incontri emozionanti, la biografia del calciatore iniziata anni prima da Luis.
Il Romanzo di Julio Libonatti” mescola elementi di storia del calcio con altri di finzione.



Alberto Facchinetti è nato in provincia di Venezia nel 1982.
Laureato presso l’Università di Padova con una tesi sul giornalismo sportivo, ha esordito nel 2011 con “Doriani d’Argentina” (ristampato nel 2013 in una versione ampliata e aggiornata). Nel 2012 è uscito “La Battaglia di Santiago”.
È uno dei fondatori e coordinatori del gruppo di scrittori “Sport in punta di penna”.


Nota introduttiva di Gian Paolo Ormezzano
Edizioni inContropiede
Num. Pag. 135
Prezzo:
Euro 13,50
ISBN: 9788890984419



giovedì 5 novembre 2015

SPORT E GRANDE GUERRA

Cento anni fa tantissimi giovani di tutta Europa partivano per il fronte abbandonando la loro casa e donando sogni, speranze e giovinezza ad una follia che devastò per cinque interminabili anni il cuore del mondo.
Quando il 28 giugno 1914, a Sarajevo, lo studente bosniaco Gavrilo Princip assassinò l'erede al trono d'Austria Francesco Ferdinando, l'Europa viveva gli ultimi attimi di un lungo periodo di pace e progresso, dovuto in massima parte al complesso sistema di alleanze difensive che aveva cristallizzato lo scacchiere europeo, acuendo però sempre più diffidenze e malcontento che trovarono quindi una valvola di sfogo nell'attentato di Sarajevo. Quel giorno, infatti, si innescò il meccanismo perverso che avrebbe portato l'Europa prima, il mondo poi nella più tragica e sanguinosa guerra che si fosse mai vista prima.
Pochi giorni dopo quella tremenda giornata gli appassionati di football seguivano con interesse l'ultimo atto del campionato 1913/14. Domenica 5 luglio nella finale di andata, a Casale Monferrato, la locale squadra di calcio batteva 7-1 la Lazio e la domenica successiva le due squadre giocavano il match di ritorno, dopo che alla mattina furono ricevute in Campidoglio dal sindaco di Roma, Principe Colonna. Anche quella partita venne vinta dal Casale che conquistava così il suo primo – ed unico – campionato italiano, lasciando la Lazio ancora una volta con l'amaro in bocca, ad un passo dalla gloria come l'anno precedente, quella volta sconfitta in finale dalle “bianche casacche” della Pro Vercelli (7-0). In quegli anni la Lazio era sicuramente la squadra più forte del centro sud: come detto riuscì ad arrivare due volte alla finalissima contro le squadre del nord ed anche nel campionato 1914/15, quello che non vide mai la fine a seguito della mobilitazione generale, al momento della sospensione era ad un passo dall'approdare alla finalissima. Mancava, ancora, un'ultima partita nel girone, quella contro il Pisa ma la Lazio era prima in classifica con due punti di vantaggio sul Roman e, proprio, sul Pisa.
Tutto venne sospeso, tutto rimandato al termine della guerra che si sperava veloce ma che già si sospettava sarebbe stata lunga, ma non così tremendamente lunga.
Come in precedenza detto, se subito dopo l'attentato di Sarajevo tutte le diplomazie e le cancellerie d'Europa entrarono in fibrillazione, ancora gli sportivi italiani si godevano i loro svaghi, ma il calcio nostrano aveva incominciato a “fare i conti” con la guerra già nell'estate, quando il Torino di Vittorio Pozzo rientrando dalla tournée in Sudamerica a bordo del piroscafo “Duca degli Abruzzi” una mattina, al largo di Gibilterra, vennero svegliati dalle cannonate e dalla perquisizione di un incrociatore inglese. Così Vittorio Pozzo ricorda quei momenti:
(...) fummo svegliati da due cannonate e ci trovammo la via sbarrata da un incrociatore inglese che s’era messo di traverso sulla nostra rotta. Venne a bordo un picchetto armato, e per poco non pagai caro lo scherzo di essermi messo a parlare tedesco in presenza dell’ufficiale inglese che lo comandava: mi avevano preso per un riservista germanico e volevano portarmi via. All’arrivo a Genova, uno degli amici che ci aspettavano sul molo agitava, nella mano, una quantità di fogli verdi e gialli. Erano i richiami per mobilitazione, od esercitazione. Ce n’era per tutti, ci volevano da tutte le parti: 3° Alpini, 4°Bersaglieri, 5° Genio Minatori, 92° Fanteria. Impallidimmo. Quella guerra, sulla cui durata avevamo tanto scherzato, era lì, con le fauci aperte, a ghermirci.”
Era la guerra, che stava bussando alle porte del nostro Paese, anche se ci eravamo dichiarati neutrali già da oltre un mese. E sarà lungo il filo sempre più sottile della neutralità che l'Italia giocherà la sua “battaglia diplomatica” finalizzata ad ottenere pacificamente – attraverso l'interprswtazione dell'art. VII del Trattato della Triplice Alleanza – quei territori che tre guerre d'Indipendenza non erano riuscite a portare: Trentino e Trieste divennero in quei mesi da un lato le bandiere di chi voleva la guerra e dall'altro l'impegno di chi quella guerra cercava di evitarla o quanto meno di spostarla più in là nel tempo.
 
Questa fotografia, pubblicata da Lo Sport Illustrato, ritrae un incontro di football giocato su un campo del Belgio durante i primi mesi di invasione tedesca, nell'autunno del 1914. Il pubblico è formato in massima parte da ufficiali e soldati tedeschi, così come anche i giocatori sono soldati che si distraggono durante il loro tempo libero. Lo sport – il calcio in particolare – venne utilizzato dagli ufficiali per mantenere in esercizio i soldati e per mantenere alto il loro spirito durante i lunghi mesi di attesa nelle trincee. Come dimostrato dalla più recente storiografia, in special modo dagli ottimi lavori di Giorgio Seccia e Lauro Rossi, in molti campi di prigionia tedeschi la pratica sportiva venne non solo autorizzata ma anzi incentivata. Ma il calcio non serviva soltanto come strumento di distrazione o di mantenimento fisico. Noto ormai a tutti ciò che accadde sul fronte nella notte di Natale del 1914, quando dalle trincee opposte prima si alzarono canti natalizi e poi venne deciso di far tacere almeno per un giorno le armi, sostituite dalla disputa di una partita di calcio tra soldati nemici.

 
In Italia durante i mesi di neutralità – quindi dall'agosto 1914 al maggio 1915 – il “mondo del football” si schierò sempre più apertamente contro l'Austria-Ungheria e a favore delle Terre irredente. Numerosissime furono le partite organizzate dalle società di calcio per raccogliere fondi da destinare alle popolazioni martoriate del Belgio e di Trieste, una di queste merita senz'altro di essere menzionata perché coinvolse direttamente la Nazionale, nelle prime giornate del gennaio 1915, partita organizzata da La Gazzetta dello Sport con il patrocinio dell'A.S.S.I. All'Arena Civica di Milano il 1° gennaio la nazionale italiana giocò contro una mista composta da giocatori sotto le armi di Francia e Belgio, indossando una divisa bianca fregiata dall'alabarda di Trieste.
Un altro esempio è descritto da quest'altra fotografia scattata sempre all'Arena Civica di Milano nell'aprile del 1915 e ritrae Fossati capitano dell'Internazionale, avv. Mauro della Federazione ora sottotenente, ing. Mauro vice-presidente della Federazione, avv. Pedroni arbitro dell'incontro Internazionale-Milan, Franco Scarioni de La Gazzetta dello Sport ora sotto le armi col grado di tenente e il belga Van Hege capitano del Milan. Ma qui, a differenza del tempo in cui venne scattata la fotografia precedente, siamo già ad un passo dall'intervento italiano. Il Patto di Londra, dopo estenuanti trattative, è stato stipulato: la diplomazia italiana, il governo italiano sanno che entro breve dovranno entrare in guerra a fianco di Russia, Francia e Inghilterra, contro quell'Austria-Ungheria che era stata dal 1882 l'alleata più ingombrante nella Triplice Alleanza, ma anche l'antica nemica dell'Unità nazionale.
In Italia, così come in tutta Europa, per tutta la durata della guerra moltissimi furono i calciatori che si arruolarono e tantissimi di loro trovarono la morte al fronte, alcuni di essi molto famosi per l'epoca. Si può dire che tutte le società dell'epoca abbiano pagato un prezzo elevatissimo in vite umane. Per ricordarne doverosamente soltanto alcuni, Giuseppe Caimi, medaglia d'oro al valor militare, che morì nel 1917 sul Grappa; Virgilio Fossati, capitano dell'Internazionale e della Nazionale, uno dei migliori giocatori del periodo prebellico; Luigi Ferraris e James Spensley, entrambi del Genoa, al primo verrà intitolato lo stadio di Genova, mentre il secondo, oltre ad essere stato il primo portiere della squadra genovese, ebbe anche il merito di introdurre il gioco del calcio nella società del Genoa, nata nel 1893 come società di atletica e cricket. La Lazio fu particolarmente colpita: perse infatti, tra gli altri, Orazio Gaggiotti, Rodolfo De Mori, Alberto Canalini, Valerio Mengarini.
Ormai i tempi erano maturi: il 24 maggio 1915 l'Italia dichiarava guerra all'Austria-Ungheria e di calcio se ne parlò e se ne giocò sempre meno. Il campionato, come detto, venne sospeso e soltanto al termine del conflitto il titolo di Campione d'Italia venne assegnato al Genoa, non senza numerose polemiche. Ma ormai si era in un tempo nuovo, diverso. Il calcio era cambiato, l'Italia era mutata e con essa erano cambiati gli italiani, soprattutto i reduci, come meravigliosamente e drammaticamente ha raccontato Rigoni Stern nel commovente romanzo Le stagioni di Giacomo.
Il mondo tentava di rialzarsi, una società nuova si rimetteva in marcia, non necessariamente migliore.


giovedì 1 ottobre 2015

"1915. Dal football alle trincee, dalla neutralità all'intervento" - Appuntamento a Reggio Emilia

Ospite della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, domenica 4 ottobre, Alessandro Bassi presenta il suo nuovo libro "1915. Dal football alle trincee", due storie entrambe vissute sotto i cieli plumbei e minacciosi di cento anni fa, durante i mesi di neutralità italiana, quelli che corrono tra lo scoppio della prima guerra mondiale nel giugno del 1914 sino all’intervento italiano nel maggio del 1915.
L'autore dialogherà con prof. Giuseppe Febbraro.

Domenica 4 ottobre  ore 11:00
Biblioteca Panizzi - via Farini, 3 - Reggio Emilia


venerdì 25 settembre 2015

QUANDO IL FOOTBALL ARRIVO' A CAGLIARI

Sarebbe bello poter dire che tutto ebbe inizio con Amsicora (o Ampsicora, alla punica), leggendario latifondista sardo che fu alla testa della rivolta di alcune città costiere dell'isola contro Roma nel 215 a.C., ma non è così. Per ciò che vogliamo raccontare dobbiamo avvicinarci molto ai nostri tempi e partire con gli ultimi anni del XIX secolo, quando in Italia il calcio venne inserito con sempre maggior frequenza nelle riunioni ginniche.
In Sardegna il calcio della Federazione calcistica, come bene sappiamo, arrivò soltanto dopo la fine della prima guerra mondiale, ma non si deve pensare che nell'isola non si giocasse al calcio anche prima, anzi. Una delle prime partite di cui si ha notizia fu quella giocata domenica 27 aprile 1902 in piazza d’Armi a Cagliari tra due formazioni di studenti universitari, per merito di Tullio Zedda il quale una volta apprese le regole del gioco del calcio in qualche città del continente e tornato sull’isola, lo diffuse a Cagliari, la sua città. Secondo la stampa dell’epoca, in particolar modo L’Unione Sarda, all’incontro assistette una folla enorme, e tanti altri preferirono godersi quel nuovo evento dal rondò di Buoncammino anziché dai bordi del campo. La partita iniziò alle 17.30 e durò un’ora e mezza, vennero pure giocati i tempi supplementari e il risultato fu di parità, 2-2, con questo strano scoore riportato dalle cronache: i rossi un goal e un fallo, gli azzurri con due falli, dove per fallo si deve presumibilmente intendere il calcio di rigore. La partita proseguì quindi ad oltranza e alla fine gli azzurri ebbero la meglio grazie ad un altro fallo. Ai posteri viene consegnata la cronaca dell’unico goal segnato su azione per opera di Giorgio Ballerini: “Il Ballerini dopo una corsa brillantissima, avendo sviato con la palla tutti gli avversari, la fece entrare dalla porta”.1
Da quel momento fu amore a prima vista o quasi e le partite – giocate con regole e modalità proprie della Federazione Ginnastica – si moltiplicarono non solo a Cagliari ma anche su tutto il territorio isolano.
E Amsicora che c'entra?
Nel 1897 a Cagliari venne fondata la Società Ginnastica Amsicora la quale, dal 1902, aprì anche una sezione dedicata al gioco del calcio. Angelo Carrus nel suo articolo I Quattro Mori contro l'Union Jack riporta alla luce la cronaca di due incontri disputati dall’Amsicora contro i marinai del piroscafo inglese Cordova incagliatosi sul fondo sabbioso del litorale di Giorgino, a Cagliari. La prima partita tra l’Amsicora e il Cordova si disputò il 22 dicembre del 1907, ed è una data storica per l’isola, poiché per la prima volta una squadra inglese disputava una partita contro una squadra della Sardegna. “La partita si svolse brillantemente e molto animata”, come riportano le cronache del tempo e si concluse – alla maniera molto inglese – con un vermuth per gli ospiti nella sede dell’Amsicora e con l’invito per un’altra partita. Invito che fu subito accolto: il 24 vi fu una nuova sfida e di questa seconda partita si conoscono i capitani, Nino Mannu per i sardi e il capitano Wood per gli inglesi, e le modalità di svolgimento: cinque tempi di durata imprecisata e un sesto sospeso per oscurità. Anche per questo secondo incontro i giornali dell'epoca riportarono una veloce analisi tecnica, raccontando di come “gli inglesi si mostrarono bravissimi nel loro gioco preferito e quelli dell’Amsicora a loro non secondi benché meno pratici” 2.
Un calcio un po' diverso da quello che si giocava con le regole della Federazione calcistica nel resto della penisola, ma che comunque interessava ed appassionava, tanto è vero che a partire dal 1909 venne organizzato un campionato regionale sardo, sotto l'egida della FNG.


 
Nel 1910 la sezione calcio della Società Ginnastica Amsicora decise di mettere in palio una Coppa Challenge – alla moda dell'epoca – tra tutti gli istituti scolastici della città. Aderirono alla contesa sette squadre: tre dell'Istituto Tecnico, due del Liceo, una del Ginnasio Siotto Pintor e una della scuola Tecnica. La Stampa Sportiva nel numero del 8 maggio ci regala l'intero programma del torneo, riportando della vittorie nelle eliminatorie della prima squadra del Istituto sulla scuola Tecnica (2-0), del Liceo contro la terza squadre del Tecnico (2-0) e ancora della vittoria del Liceo contro il Ginnasio Siotto Pintor i cui giocatori – come ci racconta l'articolista – “poveri piccini, dopo una difesa ferocissima” vennero sconfitti per 2-0.
Le finali vennero vinte agevolmente dalla prima squadra dell'Istituto Tecnico che batté sia la squadra del Liceo (2-0) sia la seconda del Tecnico.
Nel 1911 l'Amsicora partecipò al concorso ginnastico internazionale di Torino con la propria squadra di calcio e fu quella la prima volta che una squadra sarda lasciava l'isola per andare a giocare una partita di football.
Di tutto questo calcio e di tutto quello che venne giocato in tante altre città della Sardegna (Sassari e La Maddalena soltanto per ricordare le più rilevanti) la Federazione calcistica non ne seppe mai nulla: occorrerà attendere il 1920, quando vedrà la luce la squadra destinata a diventare la più rappresentativa dell'isola, il Cagliari.




1 Il trafiletto è riportato nell'articolo “Quando Cagliari scoprì il calcio” di Angelo Carrus che sta in “Almanacco di Cagliari” 1982 cfr. Alessandro, Bassi, “Il football dei pionieri”, Bradipolibri Editore, Ivrea, 2012, pag.39
2 L’avvenimento è riportato nell’articolo di Angelo Carrus “I Quattro Mori contro l’Union Jack”, che sta in Almanacco di Cagliari 1991. in quello stresso articolo Carrus riporta il commento dei giornali relativo all’incontro del 24 dicembre: “Gli inglesi si mostrarono bravissimi nel loro gioco preferito e quelli dell’Amsicora a loro non secondi benché meno pratici.” cfr. Alessandro, Bassi, Op. Cit., pag.52

mercoledì 22 luglio 2015

SPORT E GRANDE GUERRA

Con le prime settimane di guerra moltissimi calciatori e sportivi furono chiamati al fronte e si contarono anche le prime vittime. La società del Genoa istituì un premio per il primo calciatore associato alla F.I.G.C. che fosse stato decorato per atti di valore durante la guerra.


Il giornale L'illustrazione della guerra e la stampa sportiva, a proposito, riporta la notizia di due giovani calciatori, Giuseppe Rivarolo (F.C.Nazionale Piemonte) e Filippo Pellizzoni (Alessandria) che vennero decorati con la medaglia d'argento al valor militare.








giovedì 25 giugno 2015

SPORT E GRANDE GUERRA

Due fotografie, entrambe del maggio 1915.
La prima ritrae due giocatori di calcio del Modena della stagione 1914/15, i sergenti
Gaudenzi e Mariani

La seconda fotografia ritrae un gruppo di soci dell'Internazionale F.C. richiamati alle armi

mercoledì 17 giugno 2015

SPORT E GRANDE GUERRA

Nato nella primavera del 1913 Lo Sport Illustrato ottenne da subito un buon successo di lettori anche soprattutto al massiccio utilizzo di fotografie quale mezzo utilizzato per veicolare le notizie. Peculiare il taglio dato agli articoli che si caratterizzavano per quel giusto equilibrio, alla moda del periodo, tra esaltazione nazionalista e respiro cosmopolita, con un occhio di riguardo, sin dagli esordi, alla guerra e al legame tra questa e lo sport. Come però bene sottolinea Nicola Sbetti nel suo saggio “Lo Sport Illustrato e la Grande Guerra” il giornale non si schierò da subito a favore dell'intervento, mantenendosi in una posizione spesso di equilibrio precario tra due visioni dello sport inteso da un lato come strumento funzionale all'idea della guerra quale “grande gioco” e dall'altro visto e raccontato come “vittima di guerra”.
Giovani intenti a spalare dalla neve il campo prima dell'incontro di beneficenza di Torino
L'indirizzo prese a mutare con la fine del 1914, quando, cioè, il giornale iniziò a prendere posizione a favore dell'intervento a fianco delle Potenze dell'Intesa e, conseguentemente, ad intensificare il numero di articoli dedicati alle manifestazioni sportive organizzate a favore delle popolazioni del Belgio occupato e delle terre irredente (per approfondimenti, si legga il mio recente “1915. Dal football alle trincee”, Bradipolibri Editore, 2015).
Si arrivò così al numero 10 del 10 giugno 1915, con l'Italia già in guerra da un paio di settimane, quando il giornale assunse la nuova denominazione Lo Sport Illustrato e la guerra dove la narrazione dell'attività sportiva finiva per fondersi con quella bellica: da qui partiremo nei prossimi appuntamenti pubblicando alcune fotografie che bene sintetizzano il connubio tra sport e guerra nell'estate di cento anni fa.


venerdì 5 giugno 2015

A CHE GIOCO GIOCAVAMO? Parte 4. Il calcio in Italia: dai racconti orali al Regolamento della F.I.G.C.

Dalle nostre parti il calcio arrivò verso la metà degli anni'80 dell'800, attraverso i contatti commerciali con quei paesi dove già il gioco aveva trovato terreno fertile. Se è vero che da noi il calcio arrivò quando già in Inghilterra si giocava con la cosiddetta “Piramide di Cambridge”, è altrettanto vero che nelle nostre città si giocava un football un po' approssimativo. Ne fornisce una bella testimonianza uno dei pionieri inglesi che aiutarono il gioco del football a farsi strada in Italia, Herbert Kilpin:
Non avevo ancora vent'anni quando venni in Italia, stabilendomi dapprima a Torino. Era il settembre del 1891. Ero arrivato da poche settimane quando, una domenica, il mio carissimo amico e compatriota Savage, valentissimo giocatore, mi invitò ad accompagnarlo in piazza d'armi, per partecipare ad un match. Il football era da pochissimi anni praticato a Torino e a Genova. Quel giorno, si disputava un match amichevole tra la squadra inglese e quella italiana del FC Torinese. Mi invitarono a occupare un posto nella prima linea della squadra inglese. Mi rimboccai i calzoni, deposi la giacca ed eccomi in gara. Mi avvidi di due cose curiose; prima di tutto che non c'era ombra dell'arbitro; in secondo luogo, che mano a mano che la partita si inoltrava, la squadra avversaria italiana andava sempre più ingrossandosi. Ogni tanto uno del pubblico, entusiasmandosi, entrava in gioco, sicchè ci trovammo presto a lottare contro una squadra formata almeno da venti giocatori.”
Insomma i pionieri del football italico non si curavano molto della tattica. Anzi. Anche le regole erano conosciute e seguite approssimativamente, spesso conosciute soltanto attraverso la testimonianza di qualche giocatore inglese. Bastava un pallone e un generico riferimento alle regole del “football association” per giocare. Il calcio in Italia arrivò ad avere il successo che ebbe nel periodo antecedente la prima guerra mondiale sì grazie agli inglesi, agli svizzeri, al commercio e agli studenti universitari, ma anche grazie al mondo ginnico.
La Federazione Nazionale Ginnastica, infatti, da subito cercò di inserire il gioco del calcio nelle proprie discipline e a regolamentarlo, e se vogliamo dirla come va detta, il primo torneo ufficiale di calcio venne indetto dalla Federazione Ginnastica nel 1896, ben due anni prima della costituzione della Federazione del Football
Con quali regole?
Il mondo della scuola, dell'istruzione, ebbe molta parte nell'evoluzione a livello regolamentare nel gioco del calcio: è del 1895 il primo manuale italiano del gioco del calcio, a scriverlo è un maestro bolognese, Francesco Gabrielli, che scrive le regole – forse traducendole da manuali analoghi già presenti in Austria e Germania – del nuovo sport, senza utilizzare termini inglesi. Il Gabrielli nello stilare il regolamento prende un po' dalla Football Association, un po' dal calcio fiorentino e “filtra” il tutto attraverso la propria personale esperienza di insegnante. Solo a titolo di esempio, alcune regole: il punto lo si ottiene calciando il pallone in porta oppure al raggiungimento di due falli laterali a favore; la durata dell'incontro è decisa di volta in volta dai capitani e dai giudici, mentre per gli incontri ufficiali sono previsti due tempi da trenta minuti ciascuno. Per quel che qui ci interessa, il Gabrielli schiera il suo undici secondo la Piramide di Cambridge, quindi con il 2-3-5 di cui abbiamo già parlato.
È questo lo scenario regolamentare in Italia negli anni '90: il calcio nel mondo ginnico viene giocato seguendo i dettami del manuale Gabrielli e di quello scritto, sempre nel 1895, dal senatore Pecile. Curiosamente le due Federazioni a livello regolamentare non ammettevano interferenze e si reputavano totalmente autonome l'una rispetto all'altra, ma sia i rispettivi dirigenti (Meazza, Bosisio per citarne alcuni) sia molte società (Andrea Doria, Mediolanum, Pro Vercelli, Milan e tante altre) partecipavano contemporaneamente alle manifestazioni indette da entrambe!
Con il nuovo secolo, più specificatamente nel 1903, la Federazione del football emanò il primo regolamento proprio: fu Bosisio a curarne la traduzione e si rifaceva compiutamente alle regole emanate dall'International Board. Ma il vero spartiacque tra un “prima” e un “dopo” si avrà nel 1909, quando la Federazione del football cambierà il proprio nome in Federazione Italiana Giuoco Calcio ed emanerà il primo “vero” regolamento organico del gioco del calcio in Italia. Con quel regolamento la Federazione norma tutta l'attività federale e delle società ad essa affiliate, regolamentando tornei, amichevoli e campionati, dettando regole certe sullo status dei giocatori (che dovevano essere dilettanti) e prevedendo a carico delle società la responsabilità dell'ordine sui terreni di gioco. Dopo circa una decina d'anni dalla nascita della Federazione, iniziano a vedere la luce anche manuali non più di origine ginnica, bensì manuali che trattano il calcio come sport autonomo: un esempio di quello stesso anno 1909 è il libretto del Blanche che, oltre alle regole relative al gioco e alla tattica (modulo a piramide), si sofferma su aspetti riguardanti la figura dell'arbitro e degli atleti.
Insomma anche da noi il calcio è a questo punto uno sport con un'identità ben chiara.

giovedì 28 maggio 2015

La Biblioteca del football perduto

HEYSEL - Le verità di una strage annunciata. Di Francesco Caremani (Bradipolibri Editore)

 

Il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, muoiono 39 tifosi bianconeri. Muoiono nel settore Z, schiacciati e soffocati dalla calca, sotto i colpi degli hooligans inglesi instupiditi dall’alcool, con la connivenza decisiva delle autorità e della polizia belghe, incapaci di prevedere e d’intervenire. Una tragedia annunciata che si abbatte con disperante drammaticità sul calcio come sport e sulle coscienze di tutti noi come uomini prim’ancora che come sportivi. Una ferita aperta e mai rimarginata, perché non si può e non si deve morire di calcio. Tutti hanno raccontato quello che è successo prima di Juventus-Liverpool, molti hanno raccontato il durante e il dopo, anche il proprio, ma nessuno s’è mai veramente addentrato nelle scomode verità. Gli effetti personali rubati, l’arroganza delle autorità, la lunga, faticosa e snobbata battaglia legale portata avanti dall’Associazione delle vittime, da Otello Lorentini che in Belgio ha perso il figlio Roberto. L’umanità calpestata di 39 famiglie tra meschinità d’ogni genere. Questo libro è un atto dovuto alla memoria e alla dignità di 39 persone che hanno perso la vita per assistere a una partita.
"Questo libro è prezioso e bellissimo. Lo è perché ci ammonisce a non dimenticare, e perché narra puntualmente e con notizie verificate tutto ciò che è accaduto; ma lo è anche perché è un libro d’inchiesta che ha dentro la passione del diario, della pagina biografica. Caremani dichiara che questo è il libro che non avrebbe voluto mai scrivere, eppure ciò che è avvenuto ha trasformato queste pagine nel “suo libro”.
Voglio bene a questo libro: è un grande atto d’amore verso trentanove innocenti, e un monito a non perdere la strada dell’umanità e della pietas."

Dalla prefazione di Walter Veltroni

Francesco Caremani, giornalista professionista free lance, collabora con importanti testate italiane, straniere e si occupa di uffici stampa. Ha scritto undici libri, l’ultimo per Bradipolibri: “OLTRE IL 90°. La storia di Flavio Falzetti, tornato al calcio dopo 35 cicli di chemioterapia”. Nato ad Arezzo il 30 novembre del ’69, sposato con Lucia, è padre di Alice e Alessia


Francesco Caremani
Prefazioni di Walter Veltroni e Roberto Beccantini
Dimensione: 15x21
Num. Pag. 248
Prezzo:
Euro 15,00
ISBN: 9788896184240
Immagini: Fotografie a colori

Disponibile anche in formato eBook su Amazon Euro: 6,99

mercoledì 20 maggio 2015

21 maggio 1904: nasce la F.I.F.A.


La F.I.F.A. (Fédération Internazionale de Football Association), venne fondata il 21 maggio 1904 a Parigi.
Fu il giornalista francese Robert Guérin che a cavaliere tra '800 e '900 ebbe l'idea di costituire una confederazione che avesse lo scopo di regolamentare l'attività internazionale delle federazioni, oltre a pensare a giocare un vero e proprio campionato del mondo. Ne parlò con il presidente della federazione olandese, Hirschmann, il quale lo indirizzò al presidente della Football Association, Sir Frederick Wall il quale, ascoltato il francese, declinò l'invito. Stesso risultato Guérin ottenne due anni dopo, quando a bocciargli l'idea fu Lord Kinnaird, ma il giornalista francese non si diede per vinto e se non poteva avere le federazioni britanniche avrebbe ad ogni modo potuto coinvolgere da subito le altre associazioni europee. Così il 21 maggio 1904 presso la sede della Federazione francese in Rue Saint-Honoré 229 a Parigi venne sottoscritto l’atto costitutivo della F.I.F.A., firmato dai rappresentanti di sette associazioni calcistiche nazionali:

- Union des Sociétés Françaises de Sports Athlétiques (USFSA) per la Francia;
- Union Belge des Sociétés de Sports (UBSSA) per il Belgio;
- Dansk Boldspil Union (DBU) per la Danimarca;
- Nederlandsche Voetbal Bond (NVB) per I Paesi Bassi;
- Madrid Football Club per la Spagna;
- Svenska Bollspells Förbundet (SBF) per la Svezia;
- Association Suisse de Football (ASF) per la Svizzera.
Due giorni dopo, il 23 maggio, si tenne il primo congresso della F.I.F.A. durante il quale venne eletto come primo presidente, ovviamente, Robert Guérin il quale rispolverò l'idea di un campionato per Federazioni nazionali, ma poiché le Federazioni iscritte erano soltanto europee, propose l'istituzione di un Campionato europeo per club. Probabilmente in anticipo sui tempi, la sua proposta ricevette molti complimenti ma quando fu il momento di formalizzare l'adesione nessuna squadra lo fece. L'organizzazione, voluta come detto fortemente da Guérin, si fondava su uno statuto semplice, che prevedeva il riconoscimento reciproco delle federazioni partecipanti, l'adesione ad un sistema di regole univoche rappresentate da quelle codificate dall'International Board – quindi quelle utilizzate dalla Football Association.

 
Per i primi anni la Federazione rimase, come si è detto, un’associazione prettamente europea, occorreva dare forma alla associazione creando federazioni nazionali che operassero come vere e proprie rappresentanze nazionali e l'attività della F.I.F.A per i primi anni fu rivolta proprio a questo. Intanto, però, il vero obiettivo di Guérin era quello di convincere gli inglesi ad entrare nella Federazione, pertanto, non abbattuto dai precedenti fallimenti, fece un nuovo tentativo con la Football Association. I tempi evidentemente erano maturi: un anno prima, l'8 aprile 1904 Francia e Gran Bretagna firmavano un patto di reciproco riconoscimento delle rispettive sfere di influenza coloniale, patto che sarebbe passato alla storia come Entente cordiale, il primo decisivo passo che segnava la ripresa delle relazioni pacifiche tra i due Stati. Forse questo accordo non c'entrò nulla, forse sì, fatto sta che nel 1905 Mr. Woolfall, nuovo presidente della Football Association, accettò l'invito di Guérin e così il 1°aprile 1905 Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda aderivano ufficialmente alla F.I.F.A., alla cui presidenza un anno dopo sarebbe salito lo stesso Woolfall.
Le prime nazioni extra europee ad affiliarsi furono il Sud Africa nel 1909-10, l’Argentina e il Cile nel 1912 e gli Stati Uniti nel 1913. E l'Italia? L'anno di affiliazione alla F.I.F.A. della nostra federazione – all'epoca ancora Federazione Italiana del Football – è il 1905, quando alla guida c'è il presidente degli industriali milanesi Giovanni Silvestri.
Il primo evento calcistico organizzato dalla F.I.F.A. fu il torneo di calcio delle Olimpiadi di Londra del 1908, il primo ufficiale, dove parteciparono Gran Bretagna, Francia (con due rappresentative), Danimarca, Svezia e Olanda, e, neanche a dirlo, la vittoria andò alla Gran Bretagna, che in finale vinse 2 – 0 contro la Danimarca.

venerdì 15 maggio 2015

15 maggio 1910: nasce la Nazionale italiana di calcio

Cinque Arbitri , Umberto Meazza (U.S. Milanese), Gama (F.C. Internazionale), Recalcati (U.S. Milanese), Crivelli (F.C. Ausonia) e Campero (Milan Club) in quattro mesi vararono quella che doveva essere la prima rappresentativa italiana dei giocatori di calcio. La Commissione selezionatrice impostò una squadra fortemente milanese, se è vero che ben 8 undicesimi dei giocatori provenivano dalle squadre milanesi, con un solo ligure e due piemontesi a completare la formazione. I giocatori della Pro Vercelli – squalificati in seguito ai fatti accaduti in concomitanza con lo spareggio per l'assegnazione del titolo di campione d'Italia di alcuni giorni prima - rimasero esclusi dalle convocazioni.
Il 18 aprile del 1910 vennero rese note le convocazioni dei 28 giocatori tra i quali la Commissione avrebbe dovuto selezionare quelli che sarebbero andati a comporre la squadra della selezione italiana. Vennero formate due squadre:
  • Probabili: De Simoni (U.S. Milanese); Binaschi (Pro Vercelli), Calì (Andrea Doria); Ara (Pro Vercelli), Milano I (Pro Vercelli) e Leone (Pro Vercelli); Bontadini (Ausonia), Rizzi (Ausonia), Cevenini (Milan Club), Boiocchi (U.S. Milanese), Lana (Milan Club)
  • Possibili: Pennano (Juventus); Goccione (Juventus), Varisco (U.S. Milanese); Trerè (Ausonia), Fossati (F.C. Internazionale), Colombo (Milan Club); Borel (Juventus), Zuffi II (Juventus), Berardo (F.C. Piemonte), Rampini (Pro Vercelli), Corna (Pro Vercelli)
Riserve ulteriori erano l’half-back di sinistra Caimi (U.S. Milanese), il forward estremo destro Carrer (Milan Club), l’half-back centro Ferraris (Genoa Club), il forward estremo sinistro Marassi (Genoa Club), il forward interno destro Pizzi (U.S. Milanese) e il back Servetto (Pro Vercelli); da rimarcare come nella lista mancassero i giocatori del Torino, poiché la squadra granata aveva chiesto alla Commissione di non convocare i loro giocatori in quanto impegnati in una tournée in Svizzera. A seguito, però, della squalifica dei giocatori vercellesi, la Commissione dovette modificare le due formazioni e chiamò i torinesi Cappello, Capra, Fresia e Debernardi. 
 
Pertanto il 5 maggio le due selezioni si affrontarono con queste formazioni:
Probabili: De Simoni; Varisco, Calì; Trerè, Fossati, Cappello; Bontadini, Rizzi, Cevenini, Boiocchi, Lana.
Possibili: Pennano; De Vecchi, Capra; Colombo, Goccione, Caimi; Borel, Zuffi, Fresia, Berardo, Debernardi.
Vinse abbastanza nettamente la squadra dei Probabili per 4-1, mentre tre giorni più tardi, stando alle cronache dell’epoca, le due squadre si incontrarono ancora una volta, non più nelle stesse formazioni, ma con variazioni approntate dalla Commissione che, a detta dei cronisti, avrebbero provocato uno scadimento generale nella qualità del gioco. Il Corriere della Sera svelò le modalità adottate in gran segreto dalla Commissione circa la scelta dell’undici titolare. Nessun dubbio attorno alla scelta di De Simoni, Varisco, Fossati, Cappello, Debernardi, Trerè e Lana. Discussioni accese invece per quel che riguardava la linea dei forwards, in particolare sulla scelta tra Boiocchi e Marassi, ma la vera battaglia si accese sui nomi dei backs di sinistra: De Vecchi e Calì. Visto che non si riusciva a trovare un accordo, si decise per una votazione, e “vinse” Calì con 3 voti contro 2.
Il primo, storico, incontro si disputò quindi il 15 maggio all'Arena civica di Milano, davanti a più di 4.000 spettatori contro la nazionale di Francia, la quale aveva sfidato gli inglesi a casa loro perdendo 10-1 e che era stata inoltre battuta a Parigi dal Belgio per 0-4. La partita venne organizzata in occasione del VII° Congresso internazionale di football che si tenne proprio a Milano nella primavera di quell’anno. I giocatori italiani indossavano camicie bianche economiche con colletto inamidato, cinque di loro portavano mutandoni neri mentre gli altri sei li avevano bianchi. La formazione fu la seguente:
De Simoni (U.S. Milanese); Varisco (U.S. Milanese), Calì (Andrea Doria - Capitano); Trerè (Ausonia), Fossati (F.C. Internazionale), Capello D. (F.C. Torino); Debernardi (F.C: Torino), Rizzi (Ausonia), Cevenini I (Milan Club), Lana (Milan Club), Boiocchi (U.S. Milanese)
La Francia si presentava con la maglia a strisce bianco e azzurro e i paramani rossi; arbitro fu Goodley, il quale poté dirigere l’incontro in quanto aveva mantenuto la propria carica di arbitro ufficiale della Federazione inglese.
Dopo tredici minuti Pietro Lana, su passaggio di Boiocchi, firmò la prima storica rete della nazionale italiana, poi Fossati fece il 2-0. Terminò 6-2 per l'Italia, con Lana autore di tre reti e una grande euforia. Così il Corriere il giorno successivo terminava il lungo resoconto dell’incontro:
(…) una netta vittoria, e meritata, che avrebbe potuto anche essere maggiore. (…) La squadra italiana si attenne (…) ad un gioco basso, raso terra: velocissima sulla palla, instancabile, i suoi continui passaggi snervarono gli avversari e li scombussolarono. Fu questa rapidità di gioco che ci fruttò la vittoria, unita al grande spirito di altruismo di cui diedero prova i forwards, che avanzavano di passaggio in passaggio. Tutti gli italiani vollero superarsi e sono tutti degni di lode.”
Non si può peraltro tacere ciò che scrisse La Stampa Sportiva a commento della larga vittoria:
(...) E' da notarsi però che la squadra nazionale francese non annovera punto i rappresentanti dei grandi Club come il Racing, lo Stade, l'A.S.F., il Club Fraçais, ecc., che sono dissidenti dalla Federazione francese in seguito ancora alle controversie, dilettantismo o professionismo, lasciate insolute da due anni dalla pseudo-dilettantistica Federazione internazionale ieri radunatasi a Congresso a Milano. (...)”

Così la F.I.G.C. ricorda quella storica partita: https://youtu.be/HYl3VmZegGM