giovedì 28 maggio 2015

La Biblioteca del football perduto

HEYSEL - Le verità di una strage annunciata. Di Francesco Caremani (Bradipolibri Editore)

 

Il 29 maggio 1985 allo stadio Heysel di Bruxelles, prima della finale di Coppa dei Campioni Juventus-Liverpool, muoiono 39 tifosi bianconeri. Muoiono nel settore Z, schiacciati e soffocati dalla calca, sotto i colpi degli hooligans inglesi instupiditi dall’alcool, con la connivenza decisiva delle autorità e della polizia belghe, incapaci di prevedere e d’intervenire. Una tragedia annunciata che si abbatte con disperante drammaticità sul calcio come sport e sulle coscienze di tutti noi come uomini prim’ancora che come sportivi. Una ferita aperta e mai rimarginata, perché non si può e non si deve morire di calcio. Tutti hanno raccontato quello che è successo prima di Juventus-Liverpool, molti hanno raccontato il durante e il dopo, anche il proprio, ma nessuno s’è mai veramente addentrato nelle scomode verità. Gli effetti personali rubati, l’arroganza delle autorità, la lunga, faticosa e snobbata battaglia legale portata avanti dall’Associazione delle vittime, da Otello Lorentini che in Belgio ha perso il figlio Roberto. L’umanità calpestata di 39 famiglie tra meschinità d’ogni genere. Questo libro è un atto dovuto alla memoria e alla dignità di 39 persone che hanno perso la vita per assistere a una partita.
"Questo libro è prezioso e bellissimo. Lo è perché ci ammonisce a non dimenticare, e perché narra puntualmente e con notizie verificate tutto ciò che è accaduto; ma lo è anche perché è un libro d’inchiesta che ha dentro la passione del diario, della pagina biografica. Caremani dichiara che questo è il libro che non avrebbe voluto mai scrivere, eppure ciò che è avvenuto ha trasformato queste pagine nel “suo libro”.
Voglio bene a questo libro: è un grande atto d’amore verso trentanove innocenti, e un monito a non perdere la strada dell’umanità e della pietas."

Dalla prefazione di Walter Veltroni

Francesco Caremani, giornalista professionista free lance, collabora con importanti testate italiane, straniere e si occupa di uffici stampa. Ha scritto undici libri, l’ultimo per Bradipolibri: “OLTRE IL 90°. La storia di Flavio Falzetti, tornato al calcio dopo 35 cicli di chemioterapia”. Nato ad Arezzo il 30 novembre del ’69, sposato con Lucia, è padre di Alice e Alessia


Francesco Caremani
Prefazioni di Walter Veltroni e Roberto Beccantini
Dimensione: 15x21
Num. Pag. 248
Prezzo:
Euro 15,00
ISBN: 9788896184240
Immagini: Fotografie a colori

Disponibile anche in formato eBook su Amazon Euro: 6,99

mercoledì 20 maggio 2015

21 maggio 1904: nasce la F.I.F.A.


La F.I.F.A. (Fédération Internazionale de Football Association), venne fondata il 21 maggio 1904 a Parigi.
Fu il giornalista francese Robert Guérin che a cavaliere tra '800 e '900 ebbe l'idea di costituire una confederazione che avesse lo scopo di regolamentare l'attività internazionale delle federazioni, oltre a pensare a giocare un vero e proprio campionato del mondo. Ne parlò con il presidente della federazione olandese, Hirschmann, il quale lo indirizzò al presidente della Football Association, Sir Frederick Wall il quale, ascoltato il francese, declinò l'invito. Stesso risultato Guérin ottenne due anni dopo, quando a bocciargli l'idea fu Lord Kinnaird, ma il giornalista francese non si diede per vinto e se non poteva avere le federazioni britanniche avrebbe ad ogni modo potuto coinvolgere da subito le altre associazioni europee. Così il 21 maggio 1904 presso la sede della Federazione francese in Rue Saint-Honoré 229 a Parigi venne sottoscritto l’atto costitutivo della F.I.F.A., firmato dai rappresentanti di sette associazioni calcistiche nazionali:

- Union des Sociétés Françaises de Sports Athlétiques (USFSA) per la Francia;
- Union Belge des Sociétés de Sports (UBSSA) per il Belgio;
- Dansk Boldspil Union (DBU) per la Danimarca;
- Nederlandsche Voetbal Bond (NVB) per I Paesi Bassi;
- Madrid Football Club per la Spagna;
- Svenska Bollspells Förbundet (SBF) per la Svezia;
- Association Suisse de Football (ASF) per la Svizzera.
Due giorni dopo, il 23 maggio, si tenne il primo congresso della F.I.F.A. durante il quale venne eletto come primo presidente, ovviamente, Robert Guérin il quale rispolverò l'idea di un campionato per Federazioni nazionali, ma poiché le Federazioni iscritte erano soltanto europee, propose l'istituzione di un Campionato europeo per club. Probabilmente in anticipo sui tempi, la sua proposta ricevette molti complimenti ma quando fu il momento di formalizzare l'adesione nessuna squadra lo fece. L'organizzazione, voluta come detto fortemente da Guérin, si fondava su uno statuto semplice, che prevedeva il riconoscimento reciproco delle federazioni partecipanti, l'adesione ad un sistema di regole univoche rappresentate da quelle codificate dall'International Board – quindi quelle utilizzate dalla Football Association.

 
Per i primi anni la Federazione rimase, come si è detto, un’associazione prettamente europea, occorreva dare forma alla associazione creando federazioni nazionali che operassero come vere e proprie rappresentanze nazionali e l'attività della F.I.F.A per i primi anni fu rivolta proprio a questo. Intanto, però, il vero obiettivo di Guérin era quello di convincere gli inglesi ad entrare nella Federazione, pertanto, non abbattuto dai precedenti fallimenti, fece un nuovo tentativo con la Football Association. I tempi evidentemente erano maturi: un anno prima, l'8 aprile 1904 Francia e Gran Bretagna firmavano un patto di reciproco riconoscimento delle rispettive sfere di influenza coloniale, patto che sarebbe passato alla storia come Entente cordiale, il primo decisivo passo che segnava la ripresa delle relazioni pacifiche tra i due Stati. Forse questo accordo non c'entrò nulla, forse sì, fatto sta che nel 1905 Mr. Woolfall, nuovo presidente della Football Association, accettò l'invito di Guérin e così il 1°aprile 1905 Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda aderivano ufficialmente alla F.I.F.A., alla cui presidenza un anno dopo sarebbe salito lo stesso Woolfall.
Le prime nazioni extra europee ad affiliarsi furono il Sud Africa nel 1909-10, l’Argentina e il Cile nel 1912 e gli Stati Uniti nel 1913. E l'Italia? L'anno di affiliazione alla F.I.F.A. della nostra federazione – all'epoca ancora Federazione Italiana del Football – è il 1905, quando alla guida c'è il presidente degli industriali milanesi Giovanni Silvestri.
Il primo evento calcistico organizzato dalla F.I.F.A. fu il torneo di calcio delle Olimpiadi di Londra del 1908, il primo ufficiale, dove parteciparono Gran Bretagna, Francia (con due rappresentative), Danimarca, Svezia e Olanda, e, neanche a dirlo, la vittoria andò alla Gran Bretagna, che in finale vinse 2 – 0 contro la Danimarca.

venerdì 15 maggio 2015

15 maggio 1910: nasce la Nazionale italiana di calcio

Cinque Arbitri , Umberto Meazza (U.S. Milanese), Gama (F.C. Internazionale), Recalcati (U.S. Milanese), Crivelli (F.C. Ausonia) e Campero (Milan Club) in quattro mesi vararono quella che doveva essere la prima rappresentativa italiana dei giocatori di calcio. La Commissione selezionatrice impostò una squadra fortemente milanese, se è vero che ben 8 undicesimi dei giocatori provenivano dalle squadre milanesi, con un solo ligure e due piemontesi a completare la formazione. I giocatori della Pro Vercelli – squalificati in seguito ai fatti accaduti in concomitanza con lo spareggio per l'assegnazione del titolo di campione d'Italia di alcuni giorni prima - rimasero esclusi dalle convocazioni.
Il 18 aprile del 1910 vennero rese note le convocazioni dei 28 giocatori tra i quali la Commissione avrebbe dovuto selezionare quelli che sarebbero andati a comporre la squadra della selezione italiana. Vennero formate due squadre:
  • Probabili: De Simoni (U.S. Milanese); Binaschi (Pro Vercelli), Calì (Andrea Doria); Ara (Pro Vercelli), Milano I (Pro Vercelli) e Leone (Pro Vercelli); Bontadini (Ausonia), Rizzi (Ausonia), Cevenini (Milan Club), Boiocchi (U.S. Milanese), Lana (Milan Club)
  • Possibili: Pennano (Juventus); Goccione (Juventus), Varisco (U.S. Milanese); Trerè (Ausonia), Fossati (F.C. Internazionale), Colombo (Milan Club); Borel (Juventus), Zuffi II (Juventus), Berardo (F.C. Piemonte), Rampini (Pro Vercelli), Corna (Pro Vercelli)
Riserve ulteriori erano l’half-back di sinistra Caimi (U.S. Milanese), il forward estremo destro Carrer (Milan Club), l’half-back centro Ferraris (Genoa Club), il forward estremo sinistro Marassi (Genoa Club), il forward interno destro Pizzi (U.S. Milanese) e il back Servetto (Pro Vercelli); da rimarcare come nella lista mancassero i giocatori del Torino, poiché la squadra granata aveva chiesto alla Commissione di non convocare i loro giocatori in quanto impegnati in una tournée in Svizzera. A seguito, però, della squalifica dei giocatori vercellesi, la Commissione dovette modificare le due formazioni e chiamò i torinesi Cappello, Capra, Fresia e Debernardi. 
 
Pertanto il 5 maggio le due selezioni si affrontarono con queste formazioni:
Probabili: De Simoni; Varisco, Calì; Trerè, Fossati, Cappello; Bontadini, Rizzi, Cevenini, Boiocchi, Lana.
Possibili: Pennano; De Vecchi, Capra; Colombo, Goccione, Caimi; Borel, Zuffi, Fresia, Berardo, Debernardi.
Vinse abbastanza nettamente la squadra dei Probabili per 4-1, mentre tre giorni più tardi, stando alle cronache dell’epoca, le due squadre si incontrarono ancora una volta, non più nelle stesse formazioni, ma con variazioni approntate dalla Commissione che, a detta dei cronisti, avrebbero provocato uno scadimento generale nella qualità del gioco. Il Corriere della Sera svelò le modalità adottate in gran segreto dalla Commissione circa la scelta dell’undici titolare. Nessun dubbio attorno alla scelta di De Simoni, Varisco, Fossati, Cappello, Debernardi, Trerè e Lana. Discussioni accese invece per quel che riguardava la linea dei forwards, in particolare sulla scelta tra Boiocchi e Marassi, ma la vera battaglia si accese sui nomi dei backs di sinistra: De Vecchi e Calì. Visto che non si riusciva a trovare un accordo, si decise per una votazione, e “vinse” Calì con 3 voti contro 2.
Il primo, storico, incontro si disputò quindi il 15 maggio all'Arena civica di Milano, davanti a più di 4.000 spettatori contro la nazionale di Francia, la quale aveva sfidato gli inglesi a casa loro perdendo 10-1 e che era stata inoltre battuta a Parigi dal Belgio per 0-4. La partita venne organizzata in occasione del VII° Congresso internazionale di football che si tenne proprio a Milano nella primavera di quell’anno. I giocatori italiani indossavano camicie bianche economiche con colletto inamidato, cinque di loro portavano mutandoni neri mentre gli altri sei li avevano bianchi. La formazione fu la seguente:
De Simoni (U.S. Milanese); Varisco (U.S. Milanese), Calì (Andrea Doria - Capitano); Trerè (Ausonia), Fossati (F.C. Internazionale), Capello D. (F.C. Torino); Debernardi (F.C: Torino), Rizzi (Ausonia), Cevenini I (Milan Club), Lana (Milan Club), Boiocchi (U.S. Milanese)
La Francia si presentava con la maglia a strisce bianco e azzurro e i paramani rossi; arbitro fu Goodley, il quale poté dirigere l’incontro in quanto aveva mantenuto la propria carica di arbitro ufficiale della Federazione inglese.
Dopo tredici minuti Pietro Lana, su passaggio di Boiocchi, firmò la prima storica rete della nazionale italiana, poi Fossati fece il 2-0. Terminò 6-2 per l'Italia, con Lana autore di tre reti e una grande euforia. Così il Corriere il giorno successivo terminava il lungo resoconto dell’incontro:
(…) una netta vittoria, e meritata, che avrebbe potuto anche essere maggiore. (…) La squadra italiana si attenne (…) ad un gioco basso, raso terra: velocissima sulla palla, instancabile, i suoi continui passaggi snervarono gli avversari e li scombussolarono. Fu questa rapidità di gioco che ci fruttò la vittoria, unita al grande spirito di altruismo di cui diedero prova i forwards, che avanzavano di passaggio in passaggio. Tutti gli italiani vollero superarsi e sono tutti degni di lode.”
Non si può peraltro tacere ciò che scrisse La Stampa Sportiva a commento della larga vittoria:
(...) E' da notarsi però che la squadra nazionale francese non annovera punto i rappresentanti dei grandi Club come il Racing, lo Stade, l'A.S.F., il Club Fraçais, ecc., che sono dissidenti dalla Federazione francese in seguito ancora alle controversie, dilettantismo o professionismo, lasciate insolute da due anni dalla pseudo-dilettantistica Federazione internazionale ieri radunatasi a Congresso a Milano. (...)”

Così la F.I.G.C. ricorda quella storica partita: https://youtu.be/HYl3VmZegGM

giovedì 14 maggio 2015

1915. Dal football alle trincee

Da oggi disponibile su Amazon la versione ebook del mio nuovo libro (Bradipolibri Editore) nel quale si raccontano le vicende diplomatiche che portarono l'Italia ad entrare nella Grande Guerra e il campionato di calcio del 1914/15

1915. Dal football alle trincee


venerdì 8 maggio 2015

A CHE GIOCO GIOCAVAMO? parte 3: Dal dribbling-game alla Piramide di Cambridge

La separazione dei giochi, da una parte quello alla mano (rugby) e dall'altro quello giocato con i piedi (foot-ball), permise finalmente uno scatto evolutivo di entrambi. Nel football questa evoluzione portò in un primo momento ad una radicalizzazione del dribbling-game, che da retaggio del gioco confuso del'700 si affinò in tecnica stilistica e tattica, modellando a propria immagine i primi giocatori di football. Il dribbling-game si sostanziava, infatti, nel portare la palla incollata ai piedi sino al goal avversario, cercando con il dribbling – appunto – di evitare gli avversari che a turno cercavano di conquistare il pallone. Di passaggi non se ne parlava proprio! Anzi, era assai sconveniente passare la palla perchè, devi sapere, che nella mentalità e nella visione del gioco dell'epoca il passaggio era visto come segno di debolezza, di onta. Quindi tutti alla caccia del pallone e tutti protesi all'attacco, con il solo portiere quale “ruolo” definito. Magari regnava un po' di anarchia, di confusione, certo, ma il gioco funzionava ed appassionava, talmente tanto che giocatori e dirigenti iniziarono a porre in essere dei correttivi non solo – come abbiamo visto – sul piano regolamentare ma anche dal punto di vista tattico, rendendo il football un gioco davvero nuovo rispetto a tutto il resto dei giochi con la palla. Succedeva che, nella gioiosa anarchia di quelle partite, il portatore di palla potesse perdere il pallone e allora si ribaltava prontamente il fronte del gioco e quelli che erano stati attaccanti diventavano improvvisamente difensori, spesso sbilanciati in quanto tutti seguivano il proprio portatore di palla e allora si tentava con ogni mezzo di placcare l'avversario per evitare di subire una rete. Fu proprio per trovare un rimedio che andasse oltre il placcaggio e la forza fisica che si adottò quella che possiamo anche vedere come la prima variante tattica nella storia del football. Alcuni giocatori, infatti, si posizionarono su più file parallele tra loro, in modo da coprire con raziocinio una zona più vasta di campo: il portiere, dunque, trovava finalmente una difesa con il terzino e il goalcover in una specie di “1-1-8”. Non solo. A Sheffield si inizia nella seconda metà degli anni'60 a saggiare la possibilità di passare la palla ai compagni al fine di raggiungere più facilmente la porta avversaria e così dal dribbling-game si arriva al passing-game, che prevedeva l'uso sistematico del palleggio tra compagni.
Parallelamente in Scozia, che è l'altra grande patria del football, il passing-game viene giocato con una variante tattica ulteriore che modifica l'”1-1-8” inglese in un più evoluto “2-2-6”. In estrema sintesi, se in Inghilterra tra portiere e attacco vi erano due giocatori, in Scozia l'esperienza e lo studio applicato alla tattica avevano suggerito di rinforzare la difesa allineando i due terzini, in modo tale da allargare il campo e – nello stesso tempo – erano stati fatti arretrare due attaccanti a centrocampo, in fase di supporto agli avanti: tre linee parallele, difesa, centrocampo e attacco che giocavano insieme con una fitta rete di passaggi armonizzata dai movimenti senza palla dei giocatori. Una vera rivoluzione che prese il nome di combination-game. Proprio per l'enorme importanza che ebbe questa evoluzione, pare giusto ricordare il nome della squadra che per prima applicò con grande successo la nuova variante tattica: il Queen's Park di Glasgow.
È da questa intuizione che si evolve tatticamente il football degli anni a venire.
Con gli anni'70 il gioco del football assume infatti un aspetto tattico e organizzativo molto simile al gioco che oggi conosciamo. In quel decennio nasce la prima competizione ufficiale per club al mondo, la FA Cup, viene introdotta la figura del giudice di gara e in campo le squadre adottano uno schieramento che verrà utilizzato da tutti sino agli anni'30 del '900. A Cambridge si decide di mettere mano ancora una volta nello schieramento degli attaccanti e di arretrare uno di questi all'altezza dei due centrocampisti, in maniera tale da creare una linea a tre in mediana con il compito di iniziare l'azione in fase di possesso palla e in fase di non possesso (tanto per usare due espressioni contemporanee) di contrastare l'offensiva avversaria.
Sembra niente, ma è il calcio che tutti conosciamo: davanti al portiere c'è la “terza linea” formata dai due terzini con compiti prettamente difensivi; la “seconda linea” è quella di centrocampo, con i tre mediani di destra, di sinistra e il centromediano di sostegno della linea; davanti c'è la “prima linea”, l'attacco, composta dai restanti 5 giocatori che hanno il compito di segnare. 
Insomma, il famoso “2-3-5”, il vestito con cui il calcio si presenterà in Italia, ma di come si giocava a calcio da noi ne parleremo la prossima volta.