Da
noi la storia degli arbitri si è soliti farla partire da una data
ben precisa, il 27 agosto 1911, da quando cioè a Milano in una sala
del ristorante “L'Orologio” venne costituita l'Associazione
Italiana Arbitri,
primo presidente Umberto Meazza. Se la storia inizia con il 1911, di
arbitri se ne inizia a parlare (e discutere) diversi anni prima.
In
principio furono gli inglesi.
Anche
qui. Nel senso che in principio le squadre si facevano arbitrare dai
rispettivi capitani che erano (quasi) sempre inglesi. A volte, anche,
si giocavano partite senza arbitri: ce ne fornisce una bella
testimonianza su “Lo Sport Illustrato” in un numero del 1915
Kilpin, pioniere dell'Internazionale Torino prima e bandiera del
Milan poi (e arbitro egli stesso).
Comunque
fosse, le prime partite disputate sotto l'egida della F.I.F. erano
dirette da giocatori stranieri, quasi tutti inglesi e qualche
svizzero. Pare bello ricordarne i nomi: Savage, Allison, Weber,
Leaver. Quindi i primi arbitri erano giocatori delle varie squadre, e
il particolare – caro Frankie – non suonava affatto strano.
Dopo
i primi anni, si andò formando una prima “leva” arbitrale
italiana: il football veniva praticato con sempre maggior seguito, le
squadre si ingrossavano di nuovi giocatori, italiani, e quindi, anno
dopo anno, gli italiani andarono ad affiancarsi agli stranieri nel
ruolo di arbitro. Anche in questo caso vale la pena ricordare alcuni
nomi: Ferrero di Ventimiglia, Nasi, Umberto Meazza. Quest'ultimo è
lo stesso che legherà il proprio nome alla prima presidenza
dell'A.I.A. e alla Commissione selezionatrice della prima nazionale,
nel 1910.
Quando
viene fondata l'A.I.A. siamo negli anni del primo piccolo boom del
football in Italia: ai primi capitani si aggiungono altri nomi nelle
liste arbitrali, compaiono i nomi dei fratelli Pasteur, di Spensley,
Kilpin e Calì, solo per ricordare i più famosi. E dell'arbitro si
inizia a parlare anche nelle prime pubblicazioni dedicate al
football. Senza fare qui la storiografia della manualistica di
settore, vale senz'altro la pena citare un piccolo manuale edito da
Sonzogno nel 1909 che dedica una sezione alla figura dell'arbitro.
L'autore si lancia in una serie di raccomandazioni, alcune anche
divertenti se lette con gli occhi di oggi: un buona arbitro, per
esempio, doveva essere “severamente puntuale”, arrivare con largo
anticipo al campo e controllare con precisione dimensioni delle
porte, tracciatura delle linee, altezza delle bandierine, ecc.; oltre
a ciò, il buon arbitro avrebbe dovuto dotarsi di un “buon
orologio, meglio un cronometro, un libriccino col lapis per segnare
l’ora in cui si è iniziato il giuoco ed il numero delle porte o
quegli altri particolari che egli crederà necessari”.
Insomma,
è l'arbitro che tutti noi conosciamo.
Come
dite? Le polemiche? Eh, ci arriviamo...
Ben
presto il football dalle nostre parti ottiene un buon seguito di
pubblico, gli spettatori si identificano nelle squadre e iniziano le
prime manifestazioni di tifo. Siamo ormai nel secondo decennio del XX
secolo, le rivendicazioni sociali si mescolano alle tensioni
internazionali, irredentismo, mancanza di lavoro e sentimento anti
austriaco si fondono in un latente malessere che da lì a pochi anni
troverà sfogo nel primo conflitto mondiale.
Intanto
si va al campo a tifare e a creare, sempre più spesso, disordini.
Senza
neanche bisogno di dirlo, il bersaglio che accomunerà i tifosi delle
varie squadre viene identificato nell'arbitro, poveretto. Complici
diversi pacchiani errori commessi da alcuni arbitri e polemiche a
volte stucchevoli tra i dirigenti dell'epoca, fatto sta che si inizia
anche in Italia a prendersela con l'arbitro. A puro titolo di
esempio, c'è da ricordare il grave episodio accaduto a Milano, il 23
gennaio 1910, dopo Milan – Juventus. Durante la partita l'arbitro,
Meazza, venne spesso contestato dal pubblico e dai giocatori
milanesi, ma fu al termine dell'incontro che il buon Meazza se la
vide davvero brutta, quando, sulla via di casa, venne inseguito ed
accerchiato da numerosi tifosi milanisti, tra i quali anche alcuni
giocatori dello stesso club.
Come
avrete capito, siamo arrivati all'iconografia “dell'arbitro
cornuto” tanto famigliare a chi segue il calcio oggidì, pertanto
mi fermo qui.
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