All'inizio mica si sa che
è l'inizio. All'inizio lo fai e basta. Poi capisci che è un inizio.
Ma soltanto dopo, quando tutto già sta procedendo. Quando la prima
volta l'hai già vissuta. Per il football in Italia capitò
pressapoco la stessa cosa.
C'è stato chi ha portato
un pallone di ritorno da qualche viaggio in Gran Bretagna, c'è stato
chi ha visto alcuni marinai inglesi prendere a calci una sfera su
qualche molo, in attesa di ripartire.
E c'è stato qualcuno che
ha imitato. Perchè qualcuno che imita, stanne pur certo, lo trovi
sempre nelle belle storie. Imitare è il primo passo per fare una
cosa come si deve, per poterla assimilare e poi farla meglio. Ma
questo non c'entra.
Torniamo al football.
Torino, Genova. Due
città, crocevia di destini, di scoperte scientifiche, di lotte
politiche e di amore per il football. All'inizio ci sono queste due
città, con la loro curiosità. Bosio, Ferrero da Ventimiglia, il
Duca degli Abruzzi nell'ex capitale del Regno, gli inglesi, i
marinai, Spensley, Dapples nella città portuale più importante
d'Italia. I primi nomi sono questi, c'è poco da fare. È grazie a
loro se oggi siamo ancora qua ad appassionarci nel vedere un
gruppetto di ragazzi correre dietro ad un pallone.
Se vogliamo fare un po'
di storia come si deve, alcune date sono necessarie.
A Torino si giocava al
foot-ball (sì, con il trattino...) già verso la fine degli
anni'80 del XIX secolo: Bosio, con alcuni colleghi dell'azienda per
la quale lavorava aveva formato nel 1887 il Football and Cricket
Club Torino, mentre nel 1889 il Duca degli Abruzzi e il marchese
Ferrero di Ventimiglia avevano formato una loro squadra, i Nobili
Torino. Queste – si dica per inciso per non suscitare
disappunto in nessuno – possono essere considerate le due squadre
più antiche d'Italia. Ebbero, però, vita breve perchè già nel
1891 le stesse si fusero per dar vita all'Internazionale Torino.
A Genova, 120 anni fa,
per mano inglese (presso il consolato britannico) nacque il Genoa
Cricket and Athletic Club, per dar modo alla numerosa comunità
di Sua Maestà di stanza a Genova di praticare i cari giochi della
terra natia: cricket e atletica.
E vabbè, e il football?
Dopo. Verrà dopo. Nella
seconda metà degli anni'90, quando un medico inglese diventerà
socio del club e aprirà la sezione football, dando la sterzata
decisiva per le sorti della società. Il suo nome? James Richardson
Spensley.
Un'altra data
fondamentale per chi ha voglia di ricordare come tutto ebbe inizio, è
quella del 6 gennaio 1898: a Genova si incontrano il Genoa
e una selezione formata dai migliori giocatori del Football Club
Torino e dell'Internazionale Torino. A dir la verità l'incontro
avrebbe dovuto disputarsi l'8 dicembre del 1897, ma la neve
abbondante fece rinviare la sfida. Di questa partita sappiamo tutto.
Grazie a Gianni Brera che nella sua “Storia critica del calcio in
Italia” pubblicò il borderò completo dell'incontro, con tanto di
numero di spettatori, incasso, spese. Tutto, insomma. La partita
venne vinta dalla squadra torinese, con un goal di Savage, il
cassiere incassò un bel ricavo di 64 lire e tutti al termine della
sfida andarono a brindare a champagne presso il consolato britannico
a Genova.
Da quel momento il
football non si fermò più. Le due squadre si affrontarono altre
volte tra gennaio e marzo, ma ciò che più conta è che sempre in
quei giorni si fece strada l'idea di creare un'associazione che
stabilisse regole certe e univoche da adottare per giocare al
football. E di questo fondamentale momento ne parleremo. Per il
momento vale forse la pena rileggere come La Gazzetta dello Sport
concluse il racconto di quella partita:
Rientrati
a Genova i soci del Genoa Cricket and
Athletique Club, che già molto cortesemente
avevano dato una refezione mattutina ai loro avversari, li invitarono
ad un sontuoso pranzo. Lo presiedeva il console inglese M.r Kean che
aveva alla sua destra il marchese Ferrero ed alla sinistra il
gentilissimo M.r Fawcus.
Allo
champagne il console di S. M. Britannica brindò agli ospiti con
parole gentilissime, e gli rispose il marchese Ferrero, augurandosi
di veder presto a Torino i fotballers genovesi, per riprendersi
quegli allori che molto umilmente
avevano raccolto poche ore prima i torinesi.
E
così, fra la più schietta allegria e la più cordiale ospitalità,
ebbe termine questa festa dello sport.
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