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mercoledì 1 ottobre 2014

L'arbitro in Italia

Da noi la storia degli arbitri si è soliti farla partire da una data ben precisa, il 27 agosto 1911, da quando cioè a Milano in una sala del ristorante “L'Orologio” venne costituita l'Associazione Italiana Arbitri, primo presidente Umberto Meazza. Se la storia inizia con il 1911, di arbitri se ne inizia a parlare (e discutere) diversi anni prima.
In principio furono gli inglesi.
Anche qui. Nel senso che in principio le squadre si facevano arbitrare dai rispettivi capitani che erano (quasi) sempre inglesi. A volte, anche, si giocavano partite senza arbitri: ce ne fornisce una bella testimonianza su “Lo Sport Illustrato” in un numero del 1915 Kilpin, pioniere dell'Internazionale Torino prima e bandiera del Milan poi (e arbitro egli stesso).
Comunque fosse, le prime partite disputate sotto l'egida della F.I.F. erano dirette da giocatori stranieri, quasi tutti inglesi e qualche svizzero. Pare bello ricordarne i nomi: Savage, Allison, Weber, Leaver. Quindi i primi arbitri erano giocatori delle varie squadre, e il particolare – caro Frankie – non suonava affatto strano.
Dopo i primi anni, si andò formando una prima “leva” arbitrale italiana: il football veniva praticato con sempre maggior seguito, le squadre si ingrossavano di nuovi giocatori, italiani, e quindi, anno dopo anno, gli italiani andarono ad affiancarsi agli stranieri nel ruolo di arbitro. Anche in questo caso vale la pena ricordare alcuni nomi: Ferrero di Ventimiglia, Nasi, Umberto Meazza. Quest'ultimo è lo stesso che legherà il proprio nome alla prima presidenza dell'A.I.A. e alla Commissione selezionatrice della prima nazionale, nel 1910.
Quando viene fondata l'A.I.A. siamo negli anni del primo piccolo boom del football in Italia: ai primi capitani si aggiungono altri nomi nelle liste arbitrali, compaiono i nomi dei fratelli Pasteur, di Spensley, Kilpin e Calì, solo per ricordare i più famosi. E dell'arbitro si inizia a parlare anche nelle prime pubblicazioni dedicate al football. Senza fare qui la storiografia della manualistica di settore, vale senz'altro la pena citare un piccolo manuale edito da Sonzogno nel 1909 che dedica una sezione alla figura dell'arbitro. L'autore si lancia in una serie di raccomandazioni, alcune anche divertenti se lette con gli occhi di oggi: un buona arbitro, per esempio, doveva essere “severamente puntuale”, arrivare con largo anticipo al campo e controllare con precisione dimensioni delle porte, tracciatura delle linee, altezza delle bandierine, ecc.; oltre a ciò, il buon arbitro avrebbe dovuto dotarsi di un “buon orologio, meglio un cronometro, un libriccino col lapis per segnare l’ora in cui si è iniziato il giuoco ed il numero delle porte o quegli altri particolari che egli crederà necessari”.
Insomma, è l'arbitro che tutti noi conosciamo.
Come dite? Le polemiche? Eh, ci arriviamo...
Ben presto il football dalle nostre parti ottiene un buon seguito di pubblico, gli spettatori si identificano nelle squadre e iniziano le prime manifestazioni di tifo. Siamo ormai nel secondo decennio del XX secolo, le rivendicazioni sociali si mescolano alle tensioni internazionali, irredentismo, mancanza di lavoro e sentimento anti austriaco si fondono in un latente malessere che da lì a pochi anni troverà sfogo nel primo conflitto mondiale.
Intanto si va al campo a tifare e a creare, sempre più spesso, disordini.
Senza neanche bisogno di dirlo, il bersaglio che accomunerà i tifosi delle varie squadre viene identificato nell'arbitro, poveretto. Complici diversi pacchiani errori commessi da alcuni arbitri e polemiche a volte stucchevoli tra i dirigenti dell'epoca, fatto sta che si inizia anche in Italia a prendersela con l'arbitro. A puro titolo di esempio, c'è da ricordare il grave episodio accaduto a Milano, il 23 gennaio 1910, dopo Milan – Juventus. Durante la partita l'arbitro, Meazza, venne spesso contestato dal pubblico e dai giocatori milanesi, ma fu al termine dell'incontro che il buon Meazza se la vide davvero brutta, quando, sulla via di casa, venne inseguito ed accerchiato da numerosi tifosi milanisti, tra i quali anche alcuni giocatori dello stesso club.
Come avrete capito, siamo arrivati all'iconografia “dell'arbitro cornuto” tanto famigliare a chi segue il calcio oggidì, pertanto mi fermo qui.

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