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venerdì 3 giugno 2016

WALKIN'ON THE FOOT-BALL: CARLO RAMPINI

(...) Piccolo, taurino; il viso largo, angoloso; l'occhio nero, vivo; il petto ampio; le gambe salde: ecco Rampini. Il suo giuoco: Possente.”
Così Emilio Colombo dalle colonne de Lo Sport Illustrato descriveva fisicamente Carlo Rampini, uno dei più forti giocatore della Pro Vercelli, la squadra della sua città nella quale militò ininterrottamente dal 1908 al 1913. Nato infatti a Vercelli, a soli 17 anni fu tra i protagonisti del primo titolo di campione italiano vinto dalle Bianche Casacche, titolo al quale fecero seguito altri 4.
Dotato di un tiro formidabile, fu un prolifico attaccante con le sue reti contribuì a creare il mito della invincibile Pro Vercelli. A proposito di “bianche casacche” proprio a Rampini si deve la scelta cromatica delle divise da gioco, come Luca Rolandi ci lo spiega nel suo Quando vinceva il quadrilatero, libro, questo, molto ricco di aneddoti: per esempio proprio Rampini non riuscì a partecipare ai festeggiamenti organizzati per la vittoria nel 1908 del primo titolo di campione d'Italia poiché, assieme a Bertinetti, dopo la partita di finale di ritorno contro l'U.S. Milanese perse il treno e rimase bloccato per ore alla stazione di Milano.
Il suo esordio in Nazionale coincide con la divisa azzurra, alla terza partita della rappresentativa, quella giocata a Budapest nel 1911 contro l'Ungheria. In azzurro Rampini giocò otto volte, segnando tre reti. Vittorio Pozzo nel 1912 lo voleva convocare per la spedizione alle Olimpiadi di Stoccolma, ma non vi riuscì per impedimenti burocratici. É lo stesso Pozzo che lo racconta: “(...) I permessi militari costituirono l'ostacolo maggiore. Molti fra i giuocatori più in vista erano sotto le armi. Il Ministero della Guerra non ne voleva sapere di concedere licenze per espatrio. Ricordo la lunga corrispondenza per i tre vercellesi, Corna, Rampini e Milano II. Bisognò rinunciare a tutti e tre. Ho ancora la tessera del Comitato di Stoccolma, per la riduzione ferroviaria del 50% relativa a Rampini.”
Ettore Berra nel 1939 descriveva Rampini “il Valentino Mazzola, del tempo, meno tecnico, ma altrettanto trascinatore e vero piede da goal.”
Lasciata la Pro Vercelli nel 1913, Rampini emigrò in Brasile per motivi di lavoro per poi abbandonare definitivamente il calcio con l'inizio della Grande guerra.

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