“(...) Piccolo,
taurino; il viso largo, angoloso; l'occhio nero, vivo; il petto
ampio; le gambe salde: ecco Rampini. Il suo giuoco: Possente.”
Così Emilio Colombo
dalle colonne de Lo Sport Illustrato
descriveva fisicamente Carlo Rampini, uno dei più forti giocatore
della Pro Vercelli, la squadra della sua città nella quale militò
ininterrottamente dal 1908 al 1913. Nato infatti a Vercelli, a soli
17 anni fu tra i protagonisti del primo titolo di campione italiano
vinto dalle Bianche Casacche,
titolo al quale fecero seguito altri 4.
Dotato
di un tiro formidabile, fu un prolifico attaccante con le sue reti
contribuì a creare il mito della invincibile Pro Vercelli. A
proposito di “bianche casacche” proprio a Rampini si deve la
scelta cromatica delle divise da gioco, come Luca Rolandi ci lo
spiega nel suo Quando vinceva il quadrilatero,
libro, questo, molto ricco di aneddoti: per esempio proprio Rampini
non riuscì a partecipare ai festeggiamenti organizzati per la
vittoria nel 1908 del primo titolo di campione d'Italia poiché,
assieme a Bertinetti, dopo la partita di finale di ritorno contro
l'U.S. Milanese perse il treno e rimase bloccato per ore alla
stazione di Milano.
Il
suo esordio in Nazionale coincide con la divisa azzurra, alla terza
partita della rappresentativa, quella giocata a Budapest nel 1911
contro l'Ungheria. In azzurro Rampini giocò otto volte, segnando tre
reti. Vittorio Pozzo nel 1912 lo voleva convocare per la spedizione
alle Olimpiadi di Stoccolma, ma non vi riuscì per impedimenti
burocratici. É lo stesso Pozzo che lo racconta: “(...) I
permessi militari costituirono l'ostacolo maggiore. Molti fra i
giuocatori più in vista erano sotto le armi. Il Ministero della
Guerra non ne voleva sapere di concedere licenze per espatrio.
Ricordo la lunga corrispondenza per i tre vercellesi, Corna, Rampini
e Milano II. Bisognò rinunciare a tutti e tre. Ho ancora la tessera
del Comitato di Stoccolma, per la riduzione ferroviaria del 50%
relativa a Rampini.”
Ettore
Berra nel 1939 descriveva Rampini “il Valentino Mazzola,
del tempo, meno tecnico, ma altrettanto trascinatore e vero piede da
goal.”
Lasciata
la Pro Vercelli nel 1913, Rampini emigrò in Brasile per motivi di
lavoro per poi abbandonare definitivamente il calcio con l'inizio
della Grande guerra.
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