Potremmo
anche parlare di feste patronali, di gite fuori porta. Di sagre e
football, magari. Raccontare di qualcosa che nessuno – o quasi –
conosce più.
La
nascita dello Sport Club Juventus è legata ad una panchina, vero. Ad
una panchina, ad un liceo e a una città, Torino, all'epoca dei fatti
vera capitale del football da queste parti.
L'autunno
è quello del 1897. Al calcio si gioca al Velodromo o in Piazza
d'Armi. Ci gioca il footballer e ci gioca il ginnasta. Ci gioca lo
studente dopo la scuola e ci gioca il nobile della città. Ci gioca
chi ha voglia di stare con gli amici e ci gioca chi è assetato di
novità.
La
leggenda narra di una panchina, ti ho detto. E di un gruppo di
studenti del liceo Massimo D'Azeglio che giocavano a barra e a
football, tentando di emulare i “veri” footballers delle squadre
della città. Su quella panchina di Corso Re Umberto – continua la
leggenda – c'è questo manipolo di liceali che sta cercando di
darsi un nome, di inventare un'identità alla loro comune passione.
Si pensa in latino, certo. Si parla per immagini che affondano radici
nel passato, inevitabile per degli studenti del ginnasio di quei
tempi. Così, tra un Iris Club e una Robur, tra un'Augusta Taurinorum
e un Massimo D'Azeglio, la spunta un nome mezzo inglese e mezzo
latino: Sport Club Juventus. A leggere ciò che ha tramandato Enrico
Canfari – uno che quei giorni c'era eccome nel gruppetto – il
nome piaceva a pochi: venne scelto. Vai a capirli i pionieri del
football, eh?
Canfari.
Perchè adesso è facile credere che la Juventus ci sia stata da
sempre grazie alla famiglia Agnelli, ma mica è vero. Gli Agnelli
arriveranno dopo, e tra qualche tempo ne parleremo. Prima, da subito,
un'altra famiglia ha legato il proprio nome ai primi passi della
Juventus. I fratelli Enrico ed Eugenio Canfari misero a disposizione
degli amici della panchina l'officina del padre, in Corso Re Umberto
al numero 42, come luogo per stabilire la prima, storica, sede
sociale. Sempre loro, i fratelli Canfari, scelsero la prima divisa,
la più economica che avessero trovato. Perchè un'altra differenza
con i tempi di oggi, devi sapere, è che il football, all'epoca,
viveva di stenti. Dicevo, divisa economica ma non per questo non
elegante: camicia di percalle rosa, pantaloncini neri con fascia e
cravatta dello stesso colore.
Quei
ragazzi erano pronti a sfidare chiunque! Anche se “chiunque”
all'epoca non era concetto dal recinto molto vasto. Le altre squadre
di Torino, certo. Ma anche di Milano e Genova. Tutto a portata di
treno. Insomma, i ragazzi in camicia rosa iniziavano a scrivere la
loro storia con le prime sconfitte, ma ben presto quel nome,
Juventus, era nome richiesto per amichevoli ed “exibition”, come
si diceva all'epoca. Soprattutto in estate, quando i primi campionati
e tornei erano fermi. In estate, infatti, la Juventus si esibiva in
vere e proprie piccole tournée nelle sagre e feste nei paesi
limitrofi Torino. Ecco perchè all'inizio ti ho detto che avremmo
potuto parlare di sagre. Perchè la prima Juventus ci si divertiva,
alle feste di paese. Enrico Canfari, nelle sue memorie, a proposito
di quei primi tempi dice:
“La
Juventus ormai aveva un nome che poteva ben figurare sui cartelli
delle feste patronali assieme al Ballo à Salon e alla Rottura delle
Pignatte”
Ti
sembra sconveniente parlare di questi inizi?
Accidenti
del primo scudetto del 1905 si sa tutto, anche della prima partita
giocata nel campionato italiano, nel 1900 o delle nuove maglie
“inglesi” a strisce bianconere sai com'è andata a finire. Se
vogliamo raccontare di come tutto è nato, beh, questi sono i fatti,
fatti ormai caduti nell'oblio, ma importanti perchè ci raccontano,
meglio di tanti trattati sociologici, come era vissuto il football
oltre un secolo fa: un gioco, una festa. Un'occasione per
socializzare. Un po' come facciamo noi quando tiriamo sino a tardi
nel nostro bar preferito.
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