1. LA “GUERRA DI SECESSIONE” NEL CALCIO ITALIANO:
PRODROMI
Venti
di guerra soffiavano sempre più violenti nel mondo del calcio del
dopoguerra. Il dissidio tra le grandi e piccole squadre si manifestò
in tutta la sua drammaticità nell'assemblea federale del 4 luglio
1920, assemblea nella quale venne affrontato dapprima il problema
della sede federale. La scelta cadde su Milano, che venne votata
dalle società minori, ma suscitò la protesta di ben 47 società tra
le più forti del panorama italiano, guidate dai club piemontesi e
liguri che diedero vita alla Lega
Italiana del Gioco del Calcio (L.I.G.C.).
Si
acuiva ancora una volta il contrasto tra le grandi e le piccole
società, contrasto che interessava sempre la solita annosa questione
relativa alla partecipazione – e quindi alla visibilità e agli
incassi – al massimo campionato. Le grandi società chiedevano una
più ristretta partecipazione di squadre al campionato, giustificando
tale richiesta con un presunto miglioramento del livello di gioco che
tale restrizione avrebbe necessariamente portato. Le altre, invece,
erano convinte che una maggiore rappresentanza di compagini avrebbe
“infallibilmente” allargato il discorso propagandistico del
calcio appena iniziato. La verità, con tutta probabilità, era
quella molto bene sintetizzata dal Ghirelli nella sua Storia
del calcio in Italia:
“Per
le società minori l'esclusione dal massimo campionato equivaleva ad
un colpo mortale per le incerte finanze”.
Quali fossero le reali motivazioni, la minaccia di
scissione era reale. E le società minori lo capirono velocemente. Il
19 settembre 1920 si tenne un'assemblea generale straordinaria –
ove presenziarono 94 società – che nominò un comitato provvisorio
di 11 membri, al quale vennero riconosciuti i più ampi poteri di
trattare con la L.I.G.C. L'accordo venne raggiunto il 25 settembre e
ratificato nel Consiglio Federale del 2 ottobre 1920:
“Le
Società della L.I.G.C. convenute in Assemblea in Torino la sera del
25 settembre, sentita la relazione della presidenza, consce della
necessità e dell'utilità dell'unione delle forze calcistiche,
approvano quanto è stato concordato con i rappresentati della
F.I.G.C. e riconfermano la fiducia nell'attuale presidenza che deve
essere designata a reggere la Federazione.”
Scampato
dunque il pericolo della scissione, tutti gli attori del calcio
italiano si trovarono di fronte ad un campionato – quello 1920/21 –
monstre
al quale parteciparono ben 88 squadre: iniziato il 18 settembre con
le qualificazioni, vide il termine soltanto il 24 luglio 1921 con la
finalissima di Torino (Pro Vercelli – Pisa = 2-1), dopo oltre 10
mesi di gare!
Il problema, dunque, non era stato risolto ma soltanto
spostato più in là nel tempo: tutti volevano giocare nel massimo
campionato e nessuno era disposto ad arretrare dalle proprie
rivendicazioni. Con queste premesse la stagione successiva non andava
a nascere sotto i migliori auspici.
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