venerdì 3 marzo 2017

WALKIN'ON THE FOOT-BALL: IL FOOTBALL IN TRINCEA

DOVE ERAVAMO RIMASTI: IL FOOTBALL IN TRINCEA

(...) i resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza”
Con queste parole il generale Armando Diaz chiudeva il bollettino del 4 novembre 1918 delle ore 12, il bollettino della vittoria italiana sull'Austria-Ungheria. Cessava così in suolo italiano il primo conflitto mondiale e si poteva tornare a parlare di calcio. 
E lo faremo anche noi, ricominciando da dove avevamo interrotto.
Il campionato di massima divisione era fermo ormai dalla fatidica domenica del 23 maggio 1915, quando venne sospeso a seguito della dichiarazione di guerra italiana. Nei tre anni successivi si giocò al football in modo sempre più sporadico. Dal dicembre 1915 al 20 aprile 1916 si disputò la Coppa Federale, alla quale non parteciparono le squadre venete – perché troppo vicine al fronte della guerra – e le squadre del centro-sud – per i soliti problemi logistici dettati dalla distanza; la vittoria andò al Milan che nel girone finale mise in fila Juventus, Modena, Genoa e Casale.
Il calcio, dunque, non venne completamente travolto dalla follia del conflitto mondiale.
L'anno seguente, nel 1917, non venne ripetuta la Coppa Federale ma al calcio si giocò nelle città: significativa la partita tra Milan e U.S. Milanese del 28 ottobre, pochissimi giorni dopo la disfatta di Caporetto, giocata a Milano e valida per la Coppa Mauro (nuovo presidente della F.I.G.C.) che potremmo anche definire il torneo di guerra più importante che si disputò tra il 1917 e il 1918 e che vide impegnate alcune squadre lombarde. Sempre nel 1917 tante squadre si affrontarono per aggiudicarsi coppe e trofei regionali, oltre al campionato di terza categoria che non venne mai interrotto.
Fu in quel clima che si arrivò al 1918, l'anno della svolta. Nei lunghi mesi di guerra il calcio aveva rappresentato uno sfogo, un modo per i soldati di distrarsi dagli orrori quotidiani e si era giocato anche al fronte, nelle retrovie, in Italia come negli Imperi Centrali e in Francia. Moltissimi di coloro che erano stati giocatori negli anni immediatamente antecedenti allo scoppio del conflitto si ritrovarono soldati, e molti di essi non fecero più ritorno a casa, trovando la morte sul campo di battaglia. Più della metà dei giocatori di Verona e Udinese persero la vita, ma non furono purtroppo gli unici: quasi tutte le società del periodo contarono vittime tra giocatori e dirigenti.
Dicevamo del 1918. A Milano, il giorno dell'Epifania, si disputò un incontro tra una squadra composta da giocatori della città e una formata da giocatori della provincia; in marzo venne organizzata una partita tra una rappresentativa di giocatori italiani in servizio presso il XX autoparco a Modena e una rappresentativa di militari del Belgio. A fine anno a Valona, in Albania, la rappresentativa militare italiana venne sconfitta dalla formazione inglese del Weymouth; a Milano, nelle domeniche del 24 novembre e 1° dicembre, grazie al dirigente dell'U.S.Milanese Aldo Molinari, venne disputato il “torneo militare della vittoria” che vide il prevalere del XX Autoparco di Modena per 3-1 sul I Autoparco di Verona.
Tornata, si fa per dire, la pace con la fine della guerra, in Italia si ricominciò a parlare di pallone e di organizzazione, ma il quadro sociale era profondamente mutato rispetto a cinque anni prima. La violenza si era radicalizzata, alimentata dalle spaventose condizioni di povertà in cui versava la nazione. Frustrazione, odio, voglia di rivalsa e fermenti di ribellione caratterizzarono un'intera generazione, una generazione nuova rispetto al passato che diede – a livello calcistico – una nuova leva di giocatori, vogliosa come mai prima di affermarsi. Quella che si affacciava sulla scena calcistica alla ripresa dell'attività era una figura di calciatore diversa dalla precedente, non più di ceto medio alto, anzi, ora molti di quei nuovi giocatori provenivano dalle trincee e dalle campagne e comunque da zone sino ad allora poco note al mondo del football. Se l'esperienza della trincea aveva in qualche modo fatto da culla alla società di massa, ora il calcio era pronto a fare da volano alla nuova società e a diventare esso stesso grande fenomeno di massa.


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